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Le verità

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VOTO: 7.5

Il teatro delle verità

Quando si esce dalla visione de Le verità (in originale La vérité) si ha proprio la sensazione di aver assistito al buon cinema francese, contaminato dallo sguardo profondamente umano di Hirokazu Kore-eda. «Fabienne (Catherine Deneuve) è una star del cinema francese circondata da uomini che la adorano e la ammirano. Quando pubblica la sua autobiografia, la figlia Lumir (Juliette Binoche) torna a Parigi da New York con marito (Ethan Hawke) e figlia (Clémentine Grenier)» (dalla sinossi ufficiale).
Il cineasta giapponese ci ha abituati al suo occhio sui nuclei famigliari, riuscendo a sviscerare i rapporti esistenziali (vedi Father and Son). Questa volta, per il primo film realizzato al di fuori del suo Paese, si è servito di un cast stellare e ha scelto di dar vita a una commedia e queste corde sono ben congeniali al cinema d’oltralpe tanto più se in campo ci sono due signore attrici come la Deneuve e la Binoche. Ci sono degli accorgimenti che subito ci fanno riconoscere la sua mano così delicata, capace di farti perdere nella poesia di un fotogramma e in quello successivo strapparti sorrisi dietro cui si celano amare verità. «Alla base della sceneggiatura c’è una commedia che avevo iniziato a scrivere nel 2003 su una notte nel camerino di un’attrice teatrale che si sta avviando verso la fine della sua carriera. Ho finito col trasformare quella pièce in una sceneggiatura cinematografica che racconta la storia di un’attrice del grande schermo e di sua figlia che aveva rinunciato ai suoi sogni di diventare attrice. Durante il processo di riscrittura, ho più volte chiesto a Catherine Deneuve e a Juliette Binoche qual è la vera essenza della recitazione e sono state le loro parole a nutrire la sceneggiatura e a darle vita. Volevo che la storia fosse ambientata in autunno perché desideravo sovrapporre gli stati d’animo della protagonista alla fine della sua vita ai paesaggi urbani di Parigi a fine estate. Spero che gli spettatori osservino come la vegetazione del giardino muta impercettibilmente con l’approssimarsi dell’inverno, accompagnando madre e figlia e dando colore a quel momento della loro esistenza». Queste parole di Kore-eda denotano quanta cura ci sia del dettaglio. La prima immagine con l’inquadratura sugli alberi (con relative sfumature delle foglie) e un treno che passa in secondo piano sembra quasi volerci suggerire quanto la vita scorra e forse – prima che tempus fugit – è anche sano che le verità vengano a galla. Ciclicamente proprio come l’esistenza e le stagioni quest’immagine tornerà in conclusione, ma con piccoli ed essenziali cambiamenti. Il lungometraggio pone in campo varie strade, compresa quella classica del film nel film in cui il piano della finzione diventa quasi catartico per fare i conti con la realtà. Il tutto disseminando il percorso di segnali (tra cui il teatrino nella stanza d’infanzia di Lumir), stimolando lo spettatore nel riallacciare i fili. «Non ci si può fidare della memoria» è una battuta che torna a più riprese, quasi a sottolineare un monito da portarsi a casa insieme però ai veri sentimenti per cui basta un abbraccio per toccare con mano che in quella scena non si sta recitando.
«Cosa rende una famiglia una famiglia? La verità o le bugie? E cosa scegliere tra una crudele verità e una dolce bugia? Sono le domande che non ho mai smesso di pormi facendo questo film. Spero che chiunque lo veda colga l’opportunità per trovare la propria risposta», ha dichiarato l’autore di Ritratto di famiglia con tempesta e noi non possiamo che rilanciare questi interrogativi.
Le verità è stato scelto come film di apertura della 76esima Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia e sarà distribuito nelle nostre sale da BIM a partire dal 3 ottobre.

Maria Lucia Tangorra

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