Amore fatuo o grande amore?
L’amore estivo è uno dei temi più sfruttati per un film romantico o un romanzo di formazione. Solitamente può essere il primo amore in assoluto o il primo dopo una delusione e segnare una ripartenza. Un assioma che ritroviamo valido anche nel cinema queer. Ne è un esempio la pellicola Chiamami con il tuo nome di Luca Guadagnino. Non stupisce dunque che anche il regista argentino Marco Berger abbia voluto darne una propria versione con questo L’amante dell’astronauta (Los amantes astronautas), nelle sale dal prossimo 20 giugno.
La pellicola segue la nascita e la crescita, di un amore estivo in una località balneare della costa argentina tra l’omosessuale dichiarato Pedro (Javier Oràn) e l’amico d’infanzia Maxi (Lautaro Bettoni). Berger organizza un’altra storia di delicato desiderio omoerotico tra prolungati silenzi e dialoghi minimali, con quel suo stile a metà tra certo sofisticato cinema latino-americano di nicchia e l’osservazione intima tipica di artisti del nord Europa come Ingmar Bergman. E bisogna dire che il maestro svedese è forse il riferimento più forte. Il film di Berger, infatti, si denota fin dalle sequenze iniziali per un ritmo molto lento e dialoghi che riescono a riprodurre tanta goffaggine e superficialità dei discorsi che ognuno di noi affronta nella realtà. I movimenti di macchina e il montaggio sono ridotti all’essenziale, con il regista argentino che costruisce un film tutto di atmosfere e parole con un impianto quasi teatrale. E questi sono elementi che si ritrovano anche nel cinema di Bergman. Ma definire questo film semplicemente come una storia romantica queer sarebbe riduttivo. Con pochi tocchi leggeri, che in termini di grammatica cinematografica si traducono in alcune brevi linee di dialogo affidate al gruppo di personaggi che gravitano intorno alla coppia di protagonisti, Berger rende questo film non solo una storia d’amore omosessuale ma anche un film sul rapporto che si ha con l’omosessualità in Argentina. Un rapporto che solo apparentemente appare scevro di pregiudizi e diffidenze e in cui, dunque, l’accettazione appare venata di ipocrisia. Ne è sottile testimonianza il permanere di un gergo colloquiale a tema fantascientifico nel quale gli omosessuali si definiscono astronauti. Le battute e i giochi di parole nati da ciò, pertanto, solo superficialmente possono sembrare leggeri. Forse sono tali ora; difficilmente lo erano un tempo. I due protagonisti, così, appaiono effettivamente come i due astronauti evocati dal titolo della pellicola, in missione nello spazio profondo dei sentimenti. Alle prese con due dimensioni, quella intima del rapporto tra loro due, che appare più sincero e libero; e quello del rapporto con gli altri personaggi, che, per quanto possano essere bendisposti e privi di pregiudizi, rivelano una certa goffaggine e artificiosità, soprattutto, quando parlano con Pedro, omosessuale dichiarato, al contrario di Maxi, che proprio con Pedro affronterà un percorso di rivelazione sentimentale.
Luca Bovio