L’uomo delle stelle
Avete presente quando un centometrista riesce a mettere quel millimetro in più tra lui e il diretto avversario utile a regalargli la vittoria in prossimità della linea del traguardo? È quanto ha fatto Balázs Lengyel non su una pista d’atletica nella gara di turno ma al Politeama Rossetti in occasione della partecipazione di Lajko – Gipsy in Space alla 18esima edizione del Trieste Science + Fiction Festival, dove al fotofinish si è aggiudicato il premio del pubblico. In quella che è conosciuta come la tanto temuta zona Cesarini, croce per molti e delizia per altrettanti, il cineasta ungherese ha potuto gioire. Il suo esordio sulla lunga distanza dopo i cortometraggi Balansz e A répa è stato, infatti, l’ultimo papabile per il riconoscimento ad essere proiettato sullo schermo della manifestazione giuliana nella giornata conclusiva. Del resto come vuole il detto popolare gli ultimi saranno i primi e così è stato, con la pellicola di Lengyel che ha conquistato la nutrita platea presente con un’abbondante e ben distribuita dose di humour.
Lajko – Gipsy in Space è un dispensatore generoso di risate, strappate senza forzature e gratuità al pubblico attraverso dialoghi, personaggi e situazioni davvero spassose. Con questo carico a disposizione il cineasta magiaro alimenta dal primo all’ultimo fotogramma una black-comedy alla quale non ci si può non affezionare. Scene come le prove di resistenza durante l’addestramento o l’incipit nel campo rom possono scardinare anche le resistenze più arcigne di quei fruitori che chiedono alla commedia qualcosa in più rispetto alla sola grassa e piacevole risata. In tal senso, il lavoro di Lengyel sin dalla fase di scrittura abbraccia colori e mood plurimi che dona al film tocchi di amara e graffiante riflessione. Andando a scavare sotto la superficie della commedia nera ci si trova infatti al cospetto di un plot che insegna che il primo essere vivente nello spazio non è stata una cagnetta di nome Lajka, bensì un giovane Rom, pilota di aerei per irrigazione, di nome Lajkó. Perché quando, nel 1957, l’Unione Sovietica concesse all’Ungheria l’onore di scegliere il primo cosmonauta da mandare nello spazio, la scelta cadde sul candidato più improbabile. La cosa non ha prove concrete che ne certifichi la verità dei fatti, ma se ciò fosse vero, e lo crediamo vista la dicitura confidential che ad oggi rende ancora top secret e inaccessibili i documenti del programma spaziale dell’ex Unione Sovietica, la storia quella ufficiale andrebbe riscritta con Jurij Gagarin diventerebbe di fatto non il primo cosmonauta russo ad andare nello spazio ma il primo a tornare vivo e vegeto da una missione. Mentre si prepara per il suo viaggio verso le stelle, il protagonista del film ancora non sa che è stato scelto per una specifica ragione: i Sovietici hanno già inviato cinque razzi nello spazio, ma nessuno di questi è tornato indietro. Se tutto ciò fosse realmente accaduto la verità storica sarebbe ben altra e soprattutto drammatica.
Con Lajko – Gipsy in Space, Lengyel intrattiene con leggerezza e tocchi di brillante ironia che vanno continuamente sopra e sotto le righe (la mente torna al modus operandi e al cinema di Emir Kusturica), ma allo stesso tempo sottintende ad un dramma storico consumato e non certificato che andava raccontato. Quello del regista ungherese è un film che parla non solo della corsa allo spazio come altri prima mediante chiavi e dinamiche differenti (da First Man al film di animazione Laika, da Capricon One a Operation Avalanche, passando per Moonwalkers e Apollo 13), ma anche di tutti quegli eroi storicamente invisibili che in e nel silenzio hanno scritto pagine importanti a tutti i livelli. Questo fa della pellicola un omaggio sentito e doveroso a tutti loro.
Francesco Del Grosso