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Moonwalkers

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VOTO: 8

Stanley aiutaci tu!

Folle, assolutamente fuori di testa e incredibilmente divertente: si potrebbe sintetizzare così Moonwalkers, la spassosa opera prima firmata da Antoine Bardou-Jacquet, presentata in anteprima italiana alla 33esima edizione del Torino Film Festival nella sezione After Hours, dopo essere transitata in quel di Austin lo scorso marzo nel programma del SXSW Film Festival. Il regista francese porta sullo schermo una parodia strabordante sulla cosiddetta “teoria del complotto”, secondo la quale nel 1969 il governo americano avrebbe avuto bisogno delle riprese di un falso allunaggio per battere sul tempo i russi e per farlo si sia rivolto niente meno che al connazionale Stanley Kubrick. Del resto, chi meglio dell’autore di quel capolavoro che risponde al titolo di 2001: Odissea nello spazio per portare a termine il machiavellico piano. Chi meglio di colui che anni or sono disse: «If it can be written, or thought, it can be filmed» («Se può essere scritto, o pensato, può essere filmato»). Tutte le tracce non potevano che condurre a lui. Peccato che l’agente della CIA incaricato della missione, tale Tom Kidman, uomo risoluto e tutto d’un pezzo, si sia rivolto a un bislacco manager di una rock band dalle scarse fortune di nome Jonny, credendolo vicino al celebre cineasta statunitense. Il film è la cronaca rocambolesca e senza freni di una colossale truffa storica da portare a termine, dove in ballo ci sono una valigia piena di soldi e tanto altro. Il tutto in una Londra di fine anni Sessanta, mai così folle e swinging.
Antoine Bardou-Jacquet innesca un vorticoso e inarrestabile tsunami di risate, di quelli che travolgono qualsiasi cosa si trovi sul percorso che separa lo schermo dalla platea di turno. Il risultato è una commedia demenziale in stile Sacha Baron Cohen – Larry Charles, che fa dello humour nero politicamente scorretto che alimenta gag e dialoghi (due su tutti il primo incontro nella hall dell’albergo tra Jonny e Kidman o il tour allucinogeno post acido di quest’ultimo), di una serie citazioni kubrickiane più o meno dichiarate (dal già citato 2001: Odissea nello spazio a Il dottor Stranamore) e di una catena di equivoci, gli ingredienti di una maionese impazzita da non perdere. Il film è una reazione a catena, un frullato di situazioni sempre e costantemente sopra le righe. Forse è proprio il suo essere volutamente fuori controllo, sempre sul limite del becero, a causare una saturazione drammaturgica, ma questo al regista francese sembra non interessare particolarmente. Ciò potrebbe apparire agli occhi di molti come un di più, come un’eccessiva ricerca della risata facile, mentre a noi suona invece come un rincaro della dose, da parte di un regista il cui unico motivo di interesse da perseguire è quello di “rigurgitare” sul pubblico un prodotto di puro intrattenimento, che punta a quello e a quello soltanto. Basta, infatti, l’incipit e le animazioni cartonate che accompagnano i titoli di testa per intuire dopo una manciata di minuti a cosa andremo incontro.
E come se non bastasse, tra una battuta e l’altra si passa dalle parole ai fatti con Antoine Bardou-Jacquet che tira fuori dal cilindro anche una mezza dozzina di scene d’azione che fanno dell’alterazione temporale e delle improvvise accelerazioni alla Guy Ritche (vedi la scazzottata nel bagno del pub o la sparatoria nel covo del boss), mescolate a soluzioni splatter, il ricco buffet al quale attingere. Ospiti d’onore della ricca abbuffata troviamo Ron Perlman e Rupert Grint, che insieme fanno scintille, rispettivamente nei panni di Kidman e Jonny.

Francesco Del Grosso

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