Mai titolo fu più azzeccato
Assistendo all’ultimo lavoro di Franco Maresco si prova la sensazione di quanto tutto ciò che scorra davanti ai nostri occhi abbia un gusto amaramente divertente proprio perché così reale.
Tutto ha inizio il 23 maggio del 2017, data in cui ricorrevano i 25 anni dalla strage di Capaci e l’artista palermitano decide di scendere in campo, in cerca delle testimonianze del popolo. È ai cittadini comuni che chiede, infatti, come avvertono oggi la morte di Falcone e Borsellino. Le risposte sono disarmanti, si arriva persino ad ascoltare «erano due cornuti e sbirri…». Per respirare onestà intellettuale, Maresco si rivolge a una donna simbolo di Palermo, che ha testimoniato con forza e coraggio quegli anni. Ci riferiamo a Letizia Battaglia, la fotografa ottantenne che coi suoi scatti ha raccontato le guerre di mafia, definita dal New York Times una delle “undici donne che hanno segnato il nostro tempo“. Si può dire che entrambi si trovino sul medesimo terreno di chi utilizza l’ironia per denunciare lo stato dei fatti. Il regista chiede alla Battaglia di ricercarsi insieme alle manifestazioni commemorative, in particolare attorno all’albero situato sotto la casa di Giovanni Falcone. «Allora piangevamo, non cantavamo, ma forse non sarei dovuta neanche venire». Sono le parole di chi si scontra con la realtà, nel cui animo si fa largo il disincanto. Effettivamente – grazie alle immagini d’archivio – chi non era nato o era piccolo può notare l’approccio differente, una catena umana compatta e dignitosa, di chi vuole onorare chi è stato assassinato ingiustamente e non dimenticare.
«Cosa possiamo proporre Franco, un’alternativa», rilancia la fotografa. Ed è così che grottescamente fa la sua comparsa Ciccio Mira, un organizzatore di feste di piazza, il quale proprio per la ricorrenza sopra citata, nel 2017, ne ha ideata una intitolata: “Neomelodici per Falcone e Borsellino”. Il tutto allo Zen di Palermo (un quartiere afflitto da un forte degrado sociale). La mafia non è più quella di una volta è (prendendo in prestito le parole di Barbera) un «nuovo capitolo di quell’indagine antropologica sulla Sicilia e su cosa voglia dire essere palermitani oggi», seguito di Belluscone – Una storia siciliana (vincitore del Premio Speciale della Giuria Orizzonti a Venezia 2014 e del David di Donatello come miglior documentario nel 2015), lo si percepisce non solo dal ritorno di Mira, ma da un sentimento di nostalgia che pietrifica connesso a una considerazione: «la mafia non è più quella di una volta». Il grottesco non viene solo esaltato dalla macchina da presa del cineasta, ma ciò che più fa riflettere è che emerga naturalmente dalle risposte quasi da non-sense, oltre che reticenti, sia di Mira che del suo manager Mannino. «I veri palermitani non parlano» chiosa in conclusione il primo e lo fa con una non chalance e una convinzione che non possono non avere un impatto sullo spettatore di turno. Non vogliamo rivelarvi volutamente come prosegue la costruzione narrativa di questo viaggio, tra memoria, oblio e dissacrazione, perché desidereremmo che foste voi a scoprirlo in prima persona per provarne il contraccolpo. Ciò che ci preme evidenziare è la coerenza ancora una volta dimostrata da questo artista, abile nel tirarci frecciate, senza che mai si manifesti in noi l’idea che stia salendo in cattedra. La sua punteggiatura è sottile e al contempo esplicita – basti pensare al bianco e nero riutilizzato quando entra in campo Ciccio Mira, suggerendoci il contrasto col resto (compresi coloro che gli gravitano attorno) e come il suo modus vivendi sia proprio o bianco o nero (ma non nell’accezione più nobile).
«Lei è un millantatore, lo sa?»
«Sì».
«Ma sa che cosa significa?»
«Sì, un brillantatore, uno che fa splendere le cose», è solo uno dei botta e risposta da teatro dell’assurdo che si verifica tra i due.
Maresco non ha timore di provocare e denunciare cosa siamo diventati (senza voler generalizzare). Questo è il suo bello e la sua forza e per chi vuole (ac)cogliere ci deve portare a un’assunzione di responsabilità.
La mafia non è più quella di una volta è stato insignito del Premio Speciale della Giuria alla 76esima Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia e dal 12 settembre è in sala con Istituto Luce Cinecittà.
Maria Lucia Tangorra