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La legge del terremoto

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VOTO: 7

Siamo tutti sopravvissuti

Attingere al vissuto e da un’esperienza personale per poi trasformarli nel punto di partenza di un discorso più ampio che non riguarda solo se stessi, poiché affronta tematiche di rilevanza sociale e dinamiche che riguardano la collettività. È quello che ha fatto Alessandro Preziosi nel documentario La legge del terremoto, opera che segna il suo esordio alla regia dopo anni trascorsi a indossare maschere diverse e a interpretare personaggi al cinema, sul piccolo schermo e sulle tavole dei palcoscenici dei teatri di tutta Italia.
L’episodio in questione è il terremoto dell’Irpinia. Era il 1980, per l’esattezza il 23 novembre, quando un sisma di magnitudo di 6.9 con epicentro tra i comuni di Teora, Castelnuovo di Conza e Conza della Campania, causò circa 280.000 sfollati, 8.848 feriti e, secondo le stime più attendibili, 2.914 morti. Tra i sopravvissuti a quella immane tragedia provocata da una forte scossa della durata di circa 90 secondi, che rase al suolo interi territori, c’era anche l’attore napoletano, che all’epoca dei fatti aveva sette anni. Ed è proprio dai ricordi di quell’evento che lo hanno coinvolto in prima persona che Preziosi è partito per dare forma e sostanza a un viaggio visivo, storico, ma soprattutto emotivo dentro a uno dei cuori della storia fisica e psichica del nostro Paese, i terremoti.
Quello in Irpinia però è solo uno dei sismi che hanno ferito a morte l’Italia e lasciato cicatrici indelebili nella memoria collettiva. L’autore infatti riavvolge le lancette dell’orologio e nel suo tour spazio-temporale ci riporta nel Belìce, colpito nel 1968, poi in Friuli, ad Assisi, l’Aquila, Amatrice. Sismi, ma anche esperienze, umanità, ricostruzioni. Insieme a straordinari documenti d’archivio (tra gli altri dell’Archivio Luce, delle Teche Rai, dei Vigili del Fuoco), testimonianze d’eccezione e toccanti a grandi professionalità quali architetti, scrittori, economisti, storici d’arte, responsabili della Protezione Civile e del mondo del volontariato (come quelle di Erri De Luca, Franceco Merlo, Giulio Sapelli, Vittorio Sgarbi, Mario Cucinella, Pierluigi Bersani, Angelo Borrelli, Grazia Francescato), passaggi e riprese in luoghi di forte valenza simbolica come il cretto di Gibellina eternato dal genio di Alberto Burri, il film disegna una mappa topografica delle catastrofi avvenute nello Stivale italico nell’arco di cinquant’anni e al contempo dell’anima di ciò che è stato e di ciò che è.
L’intreccio senza soluzione di continuità tra passato e presente, reso possibile dall’incontro efficacissimo e dettagliato tra materiali di repertorio pre-esistenti accuratamente selezionati e altrettanti realizzati ad hoc, è il cuore pulsante di un progetto nato da un’esigenza vera ed epidermica di portare sullo schermo una riflessione sulla ricostruzione quando si perde tutto in un attimo e sul valore testamentale di chi sopravvive, al quale spetta il compito di tenere vivo il ricordo e alimentare il fuoco della memoria. Dietro La legge del terremoto infatti non c’è l’ennesimo atto di denuncia, tantomeno un’indagine sulle cause dei numerosi sismi che hanno lacerato negli anni diverse parti d’Italia. A muovere le corde del cuore e a guidare un racconto in cui convergono stratificazioni, piani, stili e linguaggi multiforme (dall’animazione alla fiction, passando per il lavoro sugli archivi), c’è qualcosa di diverso. Ed è quella diversità a fare la differenza, dando un senso al tutto.
Il risultato è un discorso non omologato, didascalico, allineato o capace di puntare solamente il dito contro qualcosa o qualcuno. Il punto di vista di Preziosi è personale e tale rimane dall’inizio alla fine come era stato anche per Il terremoto di Vanja, in cui il collega Vinicio Marchioni partiva dal capolavoro di Čechov per indagare l’immobilità italiana post-terremoto attraverso il suo sguardo tragicomico, mostrando al pubblico la straordinaria forza umana dello scrittore e riportando l’attenzione sulle persone che ancora oggi combattono contro i danni subiti da quei tragici eventi. Ciò rende entrambe le opere preziose e uniche. Peccato solo per quei minuti di troppo che rendono meno scorrevole la timeline e la fruizione di La legge del terremoto, con parentesi aperte e chiuse lungo il racconto che rallentano eccessivamente il ritmo e che, a conti fatti, nell’economia narrativa dell’opera appaiono accessorie (vedi lo spazio dedicato alla protezione civile, certamente utile e doveroso visto l’argomento trattato, ma eccessivo in termini di durata). Senza quei giri d’orologio di troppo il documentario, presentato con successo alla 22esima edizione del Festival del Cinema di Lecce dopo il debutto alla Festa del Cinema di Roma 2020 e prima dell’uscita nelle sale con Luce Cinecittà, sarebbe andato ancora più vicino a colpire il bersaglio più grosso. Ciò che resta però è un film intenso, capace di lasciare un segno importante del suo passaggio.

Francesco Del Grosso

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