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VOTO: 8

Gli spari sopra

La sequenza iniziale del così ansiogeno lungometraggio girato dallo sloveno Darko Sinko è quasi una dichiarazione di poetica. Una lunga ed elegante panoramica accompagna il rientro a casa di un uomo qualunque, nel verde di una quieta area residenziale. In sottofondo dolci, meditative note musicali, intervallate però da una batteria a dir poco invadente. L’idillio di quell’uomo rincasato da poco e appena ricongiuntosi con la moglie per la solita serata tranquilla, del resto, è destinato a durare poco… all’improvviso, mentre costui è assorto nella lettura di un libro di Karel Čapek (facile pensare che tale volume possa includere An Attempt at Murder, il racconto dello scrittore ceco cui il film è ispirato) due spari fanno breccia nel silenzio della notte, rompendo i vetri di una finestra e spingendo il malcapitato a buttarsi a terra in preda al panico. Da questo momento in poi la vita di quell’uomo ordinario non sarà più la stessa…

In concorso all’ultima edizione del Bergamo Film Meeting, Inventory (Inventura, in sloveno) è la storia di un’ossessione, una sorta di noir esistenzialista e sottilmente ironico, che vede la monotona ma rassicurante quotidianità di un personaggio che pare uscito dalle pagine di Musil (“L’uomo senza qualità”, per intenderci) naufragare in un oceano di incertezze, paranoie, sospetti ogni giorno più gravi. Dopo i primi rilievi in casa, infatti, l’indagine della polizia si arena di fronte alla mancanza di piste da seguire e all’assenza, quantomeno apparente, di persone che odino Boris, il così dimesso, mansueto protagonista.
Il poliziotto che sta indagando gli suggerisce allora di preparare un “inventario” (da cui il titolo del lungometraggio) di tutte le persone con cui abbia avuto contatti rilevanti, nel tempo, a partire ovviamente dai propri famigliari più stretti e dai colleghi di lavoro. Tale richiesta farà precipitare Boris in una spirale ancor più alienante, angosciosa, giacché chiunque ai suoi occhi è destinato a diventare un potenziale sospetto mentre le certezze di una vita andranno ben presto in frantumi.

Gran classe rivelano qui sia gli interpreti principali, con certi duetti tra Radoš Bolcina (il protagonista) e Dejan Spasic (l’investigatore) assolutamente da incorniciare, sia la regia di Darko Sinko, in grado di assicurare a questo intrigo dal sapore kafkiano sottili implicazioni psicologiche e un’accorta, rivelatrice gestione degli spazi filmici. Sin da quella prima sequenza, poc’anzi analizzata, la descrizione dei luoghi assume una forte connotazione agorafobica. E nel delineare i contorni di un fuori campo costantemente percepito come minaccioso, nel descrivere gli spazi della vita comunitaria quale potenziale fucina di rapporti malsani, quest’opera cinematografica talmente implacabile, fredda e geometrica ci ha persino ricordato certe dinamiche relazionali presenti in The Innocents, il conturbante – e a suo modo geniale – lungometraggio di Eskil Vogt recentemente recuperato al 42° Fantafestival.

Stefano Coccia

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