La mente può giocare cattivi scherzi
Chi ha intercettato The Innocents in quel di Cannes nel corso della 74esima edizione, laddove è stato presentato nella sezione “Un Certain Regard”, ne sarà rimasto sicuramente ammaliato, per chi come noi, invece, ha avuto modo di recuperarlo mesi dopo in anteprima italiana nella competizione del 31° Noir in Festival si è trattato di un vero e proprio colpo di fulmine. Quello firmato da Eskil Vogt, alla seconda fatica dietro la macchina da presa dopo il pluridecorato Blind, è un film di fronte al quale è impossibile rimanere impassibili e indifferenti, poiché portatore di un carico consistente di emozioni cangianti e di sensazioni che restano appiccicate alla retina e alla memoria dello spettatore, anche a distanza di molte ore dalla fine dei titoli di coda. Quello che ti lascia addosso è, infatti, un mix persistente e difficile da scrollarsi via di dosso di insofferenza, inquietudine e profondo disagio.
Martellante, ansiogeno, a tratti disturbante, The Innocents si caratterizza per un crescendo di tensione che finisce con l’implodere sullo schermo in un epilogo che ristabilisce un ordine solo apparente dopo il caos derivante da una catena di eventi agghiaccianti. Tali sono quelli che si consumano in questo dramma nordico dalle tinte fanta-horror, che colpiscono ancora di più allo stomaco perché compiuti da bambini che si trovano coinvolti in una silenziosa ma sanguinaria battaglia. Il film ne segue in particolare quattro che diventano amici durante le vacanze estive,. Fuori dalla vista degli adulti, scoprono di avere poteri nascosti che consentono loro di comunicare e controllare le cose con la mente: dalla telecinesi alla manipolazione, passando per la lettura del pensiero. Mentre esplorano le loro nuove abilità nelle foreste e nei parchi, il loro gioco innocente prende una piega oscura e cominciano ad accadere cose strane.
La trama potrebbe indurre a pensare a un incrocio genetico tra l’horror e il superhero movie, pensiero che non è da considerare distante anni luce da quella che è l’effettiva natura primigenia sulla quale l’autore ha costruito le fondamenta narrativa e drammaturgica del racconto. L’opera seconda del cineasta norvegese in parte lo è, poiché prende in prestito, per poi rielaborali, i temi e gli stilemi dei suddetti generi. Non siamo però nell’orbita dei cinecomics, ma piuttosto in quella di storie alla Lord of the Flies di William Golding, nella quale si assiste alle terribili conseguenze di ciò che accade quando i bambini acquisiscono un potere sul quale hanno piena autonomia. Ma c’è chi li userà per il bene e chi come il piccolo Ben li trasformerà in strumenti di vendetta e dolore.
Al centro di The Innocents c’è dunque il classico scontro tra il bene e il male, che vede delle anime pure restare tali e altre diventare carnefici sotto gli occhi impotenti degli adulti. A farne le spese sono loro e chi li circonda, molti dei quali familiari e coetanei coinvolti in quello che da gioco si tramuta in un massacro scandito da momenti che colpiscono il fruitore di turno alla bocca dello stomaco: l’aggressione sul ponte, la partita di calcio e l’incubo ad occhi aperti di Ida su tutti.
Vogt però va oltre come nella pellicola precedente e scava al di sotto della superficie, affondando le mani nel dramma psicologico, in quello sociale e in questo caso anche nel romanzo di formazione. Di conseguenza la narrazione si stratifica, acquistando un peso specifico ancora maggiore. Il cineasta scandinavo non si limita allo scontro tra personaggi dotati di superpoteri, ma ci conduce nelle loro esistenze, con la cinepresa che penetra negli appartamenti per raccontare i vissuti di gente comune e automaticamente uscendo dal recinto del cinema di genere. Ciò arricchisce in maniera esponenziale il plot offrendo una finestra sulla società norvegese, fatta di disparità tra chi ha e chi non ha. Questo consente alla scrittura di ampliare i propri orizzonti drammaturgici e le one-lines delle figure che lo popolano, che trovano nelle potentissime perfomance dei giovanissimi interpreti un notevole valore aggiunto.
Francesco Del Grosso