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Gotico Padano – Sulle tracce di Buono Legnani

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VOTO: 7,5

Sulla scia di Pupi Avati… e dei suoi fan

La visione di Gotico Padano – Sulle tracce di Buono Legnani il pittore delle agonie, film in bilico tra documentario e finzione co-diretto da Roberto Leggio e Gabriele Grotto, si è rivelata assai sapida per svariate ragioni. Già mettersi a indagare sulla genesi di una pietra miliare dell’horror come La casa dalle finestre che ridono, seminale pellicola di Pupi Avati uscita nelle sale quarantasette anni fa, è un’opera meritoria di suo, specie se si considera che questa produzione cinematografica avviata prima della pandemia ha coinvolto nel tempo gente veramente appassionata e competente. Ma tra i tanti aspetti toccati ce n’è uno che ci ha particolarmente colpito: l’aver messo cioè in evidenza il ruolo dei fan più sfegatati dell’inquietante lungometraggio avatiano, che sono soliti organizzare veri e propri pellegrinaggi nei luoghi che ne ospitarono le riprese.
Possiamo confessarlo candidamente, questa singolare prospettiva ha avuto su di noi un effetto ancora più sconcertante, esplosivo, in quanto reduci dalla scoperta di un horror datato 2022, Malediction – La maledizione di Arthur di Barthélémy Grossmann, in cui viene ipotizzato che alcuni giovani fan del rassicurante fantasy animato Arthur e il popolo dei Minimei, andando a caccia nelle campagne francesi delle location che hanno ispirato e fatto da sfondo al loro cult movie preferito, si ritrovino improvvisamente al centro di un incubo. A rendere ancora più beffarda l’operazione, il fatto che ad aver scritto e prodotto un così eccentrico film dell’orrore sia stato proprio Luc Besson, artefice primario della saga dei Minimei. Come a dire, sommando le coordinate di tale produzione cinematografica a quelle dell’oggetto filmico cui presteremo ora maggior attenzione, che le strade della fiction, di determinati generi, del documentario e del meta-cinema stesso sono sempre più indissolubilmente intrecciate…

Il gusto di tali ibridazioni e sperimentazioni non è certo ignoto a Roberto Leggio, avendo egli precedentemente realizzato assieme a Federico Greco il non meno labirintico e stratificato Road to L. Il mistero di Lovecraft (Mèliés d’Argento al Fantafestival 2004). Con il regista e musicista Gabriele Grotto, Roberto Leggio si è ritrovato accanto un “partner in crime” altrettanto motivato, allorché ci si è messi a perlustrare insieme le Valli di Comacchio, l’entroterra ferrarese, il Delta del Po e altre aree interessate dal cinema di Pupi Avati, alla ricerca di quelle memorabili location che ancora oggi suscitano entusiasmo, brividi e finanche soggezione nei fan de La casa delle finestre che ridono. Un po’ come misurare la distanza tra la Realtà e il Mito. Anche perché il Tempo ha prodotto trasformazioni profonde, in alcuni di quei luoghi, rendendo tale ricerca simile in alcuni frangenti a quella del Sacro Graal.
La parte più spiccatamente documentaristica si avvale peraltro di preziose interviste. Lo stesso Pupi Avati si è prestato al gioco, fornendo indicazioni importanti sulle fonti di ispirazione del film e sulla sua realizzazione. E poi naturalmente ci sono gli esperti della materia. Su tutti Claudio Bartolini, co-autore con Ruggero Adamovit del libro Il gotico padano. Dialogo con Pupi Avati, il quale durante l’articolata narrazione filmica si è dilettato a fornire non pochi spunti utili, per il pubblico, a orientarsi non soltanto nella nascita del cult in questione, ma anche nella restante produzione horror del Maestro.

Simili parti dialogano poi in modo schietto, suggestivo, con i segmenti di fiction disseminati qua e là. Un autentico velo di mistero che sembra suggerire, sotto la patina gaudente della vita sociale in Emilia Romagna, qualche conturbante detour; un qualcosa di assimilabile tanto all’idea di provincia malata, degradata, oscura, che a quei retaggi popolari impressionanti e crudeli spesso tirati in ballo dallo stesso Avati, al momento di dichiarare tra le fonti di ispirazione racconti e aneddoti ascoltati da anziane parenti, durante la sua infanzia sull’Appennino emiliano. Ecco, memori anche del sostrato torbido e delle intuizioni di Road to L. Il mistero di Lovecraft, non ci dispiacerebbe affatto che il co-autore Roberto Leggio (finora sempre ben accompagnato nelle sue imprese filmiche) concludesse suo questo percorso a zig zag tra le brume e il folklore della Bassa padana, esplorando altre zone e altri territori dell’immaginario in un’opera di finzione a tutto tondo. Come a rinverdire i fasti di quell’horror italico, del quale film come La casa dalle finestre che ridono e Zeder sono ancora oggi tra le vette più alte.

Stefano Coccia

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