Home Speciali Saggi Gena Rowlands, in Cassavetes

Gena Rowlands, in Cassavetes

144
0

Ben oltre il concetto di “musa”

Ci sfiora il pensiero, alquanto triste, che con Gena Rowlands sia andata via un’intera epoca, quella contraddistinta dal Cinema di suo marito John Cassavetes. Un Cinema puramente, fieramente, indipendente, nelle idee e nelle modalità di realizzazione. Un Cinema che qualsiasi cinefilo non può non conoscere e conseguentemente adorare, oltre che esempio pratico (molto difficilmente imitabile) per chi si avvicina alla Settima Arte con “intenti espressivi”. L’abbiamo decantata tutti, noi scribacchini, l’Arte di Cassavetes. In realtà avremmo dovuto raccontare anche del ruolo di Gena Rowlands, in tale processo creativo. E non solo come mirabile interprete delle opere del marito, ma pure come autentica sorgente creativa dalla quale attingere. La domanda rimane sempre la medesima: sarebbe esistito un cinema alla Cassavetes senza il suo incontro con la Rowlands? Forse sì, ma non negli stessi termini. Basterebbe osservare il differente peso dei ruoli femminili nei film da lui diretti rispetto a tutto il cinema dell’epoca. Quasi una rivoluzione spontaneamente “femminista” in tempi tutt’altro che favorevoli; e tutto ciò nell’ambito di una coppia affiatata in ogni possibile situazione. Un miracolo a cui, ancora oggi, si stenta a credere.
I frutti artistici di questa unione non avrebbero nemmeno bisogno di essere nominati. Ombre (1959) è una sinfonia jazz sull’inserimento complesso di una famiglia afroamericana in un mondo tinto di bianco. Mentre Volti (1968) mette in scena, con l’inconfondibile stile, la fine di un matrimonio, con relativi tentativi di ricominciare. Minnie and Moskowitz (1971) racconta della nascita di un surreale rapporto d’amore tra un’impiegata ed un curioso posteggiatore. Un’esegesi alquanto personale, forse in odor di biografia sotto certi aspetti, sul sentimento tanto totalizzante quanto imprevedibile.
Doloroso rovescio della medaglia è Una moglie (1974), indimenticabile istantanea di un matrimonio, in cui la Rowlands è la moglie di Peter Falk, un operaio spesso assente per lavoro. Con lei a reggere il peso della famiglia finché un crollo nervoso non la coglie. Un quadro estremamente realistico di un’esistenza borderline ieri come oggi.
La sera della prima (1977) è invece un lungometraggio costruito interamente sulla figura di Gena Rowlands, nei panni di un’attrice teatrale non più giovanissima e dal carattere piuttosto instabile, chiamata a reinventarsi. Opera che valse alla Rowlands un Orso d’Argento per la miglior interpretazione femminile.
Arriviamo dunque a Gloria – Una notte d’estate (1980), meraviglioso ritratto femminile coinvolta in un giro di criminalità, un noir con più di un raggio di speranzosa luce. Leone d’Oro a Venezia e molteplici candidature in svariati premi, Oscar compreso. Opera imprescindibile al fine di comprendere a fondo l’arte della coppia.
Ultimo film che li vede condividere il set prima della morte di John (avvenuta nel 1989) è Love Streams – Scia d’amore (1984), in cui interpretano fratello e sorella dalle vite fallimentari, comunque legati da un affetto profondo ai limiti dell’incesto. Una dramedy dallo stile appena più hollywoodiano nella quale sono però presenti tutti gli stilemi tipici del suo autore. Uno fra i testamenti cinematografici più commoventi che si ricordino, anche se John girerà ancora un film prima di abbandonare la vita terrena.
Da meravigliosa attrice di razza Gena Rowlands non è stata solamente parte di un sodalizio artistico/sentimentale da ricordare. Ha lavorato con registi del calibro di William Friedkin (Pollice da scasso, 1979), Paul Schrader (La luce del giorno, 1987) e Woody Allen (Un’altra donna, 1988). Tutte opere nobilitate dalla sua presenza. Impresa magari riuscita meno, da brava madre, nelle pellicole dirette dal figlio Nick, buon mestierante di Hollywood ma nulla più. Titoli quali Una donna molto speciale (1996), She’s So Lovely (1997) e Le pagine della nostra vita (2004) poco aggiungono – se non dollari al botteghino – alla filmografia memorabile di un attrice che alla carriera ha sempre anteposto ai lustrini dello show business il proprio essere donna a tutto tondo.

Daniele De Angelis

Articolo precedenteRobert Bolt, per tutte le stagioni
Articolo successivoIntervista a Dennis Gansel (2009)

Lascia un commento

Please enter your comment!
Please enter your name here

8 − 6 =