Ritratto di famiglia ad alta velocità
L’incipit di Fast & Furious 9 – The Fast Saga è quasi una dichiarazione di poetica, col pensiero rivolto agli aficionados del prolifico brand cinematografico, che probabilmente non immaginano più neanche loro cosa ci si potrà inventare la prossima volta, pur di mandare avanti la baracca. Col piede sempre schiacciato sull’acceleratore, naturalmente. E così nel prologo ricompaiono una gara automobilistica, il fatidico nome Toretto inquadrato sul casco, ma come ben presto si scopre non vi è al volante Vin Diesel a.k.a. Dominic “Dom” Toretto, eroe eponimo, bensì il padre. Altro asso alla guida destinato però nel lungo flashback a una fine tragica e prematura. Da queste battute iniziali si desume inoltre che l’odissea famigliare ad alta velocità, già pregna delle avventure di Dom e sua sorella, porrà in primo piano stavolta un’altra figura tutta da approfondire, il loro reietto fratellino Jakob… ovvero un John Cena in grande spolvero, considerando la sua quasi contemporanea e massiccia partecipazione al ben più valido The Suicide Squad – Missione suicida di James Gunn.
Insomma, il regista Justin Lin e il co-sceneggiatore Daniel Casey ce l’hanno messa davvero tutta, per mettere “profondità edipica” e trovare quindi un sostrato attendibile, che giustificasse le nuove peripezie dei nostri in strada (e nei cieli). Sforzo tutto sommato vano. Perché alla fine ad imporsi davvero è ciò che era destinato a farlo sin dall’inizio, ossia una macchina spettacolare sempre più pirotecnica, iper-cinetica, portata all’iperbole.
Nella già testosteronica programmazione estiva Fast & Furious 9 – The Fast Saga sta beneficiando di una succosa anteprima nazionale di quattro giorni, proprio ai primi di agosto, con l’idea di riprendere possesso delle sale a mese inoltrato, ed è nostra opinione che non mancheranno gli estimatori di questo “Circo Barnum” sempre in movimento e traboccante di effetti speciali. La logica che guida questo tumultuoso susseguirsi di sparatorie, inseguimenti nella giungla o in qualche affollata metropoli, raid aerei, persino inediti viaggi nello Spazio su automobili truccate e trasformate in razzo (!!!), appare però, al netto del tentativo di creare empatia intorno ai personaggi principali, non soltanto forzata ma anche piuttosto infantile. Gli stessi inserti meta-teorici remano in tal senso. Un personaggio commenta il salvataggio tanto rocambolesco quanto improbabile di un loro amico, chiedendogli come faccia a non essere morto dopo tale esperienza. Quell’altro bellimbusto più avanti teorizzerà con lo spirito del classico adolescente un po’ nerd il loro essere divenuti ormai immortali, proprio come gli eroi dei fumetti.
Ecco, gli stessi dialoghi del film, sempre più orientati verso un post-moderno sciatto e compiaciuto, sembrano a volte scritti per trovare qualche elementare motivazione a scene d’azione sempre più esagerate, in cui le automobili e i camion cominciano a rivaleggiare con gli aerei da combattimento, gli aerei stessi con le astronavi, eccetera eccetera. Quella che pare essersi impadronita della saga è una vena ipertrofica, appena mitigata dalla parallela necessità di accennare a una mitopoiesi, contenuta ad esempio nel gusto antologico di rispolverare i personaggi più amati degli ultimi capitoli e allargare così la parata di star convocate per l’occasione. Ad affiancare l’inossidabile Vin Diesel e il rivale fraterno John Cena vi sono infatti il redivivo Sung Kang come pure Michelle Rodriguez, Helen Mirren e la glaciale Charlize Theron. In molti danno lezione di carisma, qui, ma l’occhio dello spettatore continuerà a cadere più volentieri sulle leggi della fisica infrante dai vari veicoli e su trovate di sceneggiatura sempre più azzardate. Fino al punto di mettere in scena, con malcelato orgoglio, la spacconata fine a se stessa. La quintessenza della spacconata cinematografica.
Stefano Coccia