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Crimson Peak

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VOTO: 6.5

Il porpora della morte, il sangue della rinascita

Più di un anno di attesa, mistero e suspense per la ghost story targata Guillermo Del Toro.  In tutto questo tempo, dal set sono trapelate solo poche immagini, che hanno preso i fan per la gola: scenografie gotiche, curate nel dettaglio, e preziosissimi costumi d’epoca per  i tre protagonisti.  ottima anche la scelta del cast: Mia Wasikowska, Jessica Chastain, Tom Hiddleston, un terzetto affascinante, che tutti aspettavano alle oscure porte di Crimson Peak. Queste, le aspettative anche di chi vi scrive, per la nuova pellicola del regista messicano. Ahimè, purtroppo, il compito dell’opinionista critico non è certo quello della tifoseria sfegatata, ma il giudizio sincero e oggettivo. Ebbene, cari  miei, Crimson Peak è stata una cocente delusione; una caduta inaspettata dell’autore di pellicole indimenticabili come La spina del Diavolo e Il labirinto del fauno. Ma andiamo per gradi e partiamo dalla trama. È l’alba del 1900.  Sir Thomas Sharpe (Tom Hiddleston) e Lucille (Jessica Chastain) sono fratelli, inglesi, misteriosi ed enigmatici.  Giungono a New York, accolti dall’alta società locale, di cui fa parte anche Edith Cushing (Mia Wasikowska). Quest’ultima  sogna di diventare una scrittrice di romanzi horror. Lei crede nei fantasmi , ne ha già visto uno quando era solo una bambina: lo spirito della madre, morta prematuramente.  Ebbene, Thomas cerca di conquistare Edith, la cui ricchezza potrebbe risollevare le sue sorti  finanziare e della controversa sorella. Come è ovvio che sia, Thomas ed Edith convolano a nozze, trasferendosi, poi,  con l’opprimente Lucille a Crimson Peak,  in Inghilterra: da qui in poi, è una qualunque ghost story, in una villa vetusta, immensa, isolata da tutto e tutti.
La trama ovvia: tutto chiaro dopo i primi 10 minuti. Se non avete ancora visto il film, probabilmente, leggendo la sinossi potrete ugualmente intuire dove va a parare la storia. Viene da pensare che forse il regista abbia voluto calcare il cliché con intenzione.  Dunque, assodiamo che  sia tutto volutamente scontato: il regista ha costruito un film museo. In una tetra e lontana magione, crimini efferati e spiriti inquieti rivivono la storia del cinema di genere horror: si intravedono Stanley Kubrick, Hitchcock, Burton, lo stesso Guillermo Del Toro e tanti altri. Un omaggio, non ci sono altre spiegazioni. Forse, è stato detto e scritto tutto sul genere, forse, non resta altro da fare che ripercorrere le tappe salienti di questa pellicola ormai esaurita. Una rassegna, una lunga carrellata di autori cari all’esperienza deltoriana, un epilogo che, speriamo, sia solo il momento sordo di una mente tetra e complessa, le cui potenzialità non possono essere esaurite.
Nel film, ricorre spesso il rosso. Non è sempre sangue, a volte è terra, altre il ritratto del dolore impresso nel volto delle anime in pena, altre ancora, la cromia predominate dei tessuti : un rosso vivo, grumoso.   “Da un lato il rosso è il colore dell’amore, sia terreno che spirituale, basti pensare al Sacro Cuore di Gesù, della passione, dell’attività, delle emozioni, del sentimento, dell’espansività, della vivacità, del sangue inteso come vita, dall’altro è il colore dell’ira, della violenza, dell’aggressività, dello spargimento di sangue”, scrive Vito Foschi.
Due fratelli e forse qualcosa di più. Due oscure presenze, vittime del passato e del presente. In un castello o prigione di fantasmi, di morte, e di malata passione.
Il rosso di Crimson Peak è la sintesi di tutto il film. Un semplice colore per commentare ogni cosa, ogni dettaglio. Dal sangue e nel sangue si nasce, si muore, si rinasce. Guillermo del Toro firma con la porpora una requiem, che volge lo sguardo al passato, ma anche e un nuovo capitolo: la sua maturità artistica?

Federica Bello

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