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Cena con delitto – Knives Out

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VOTO: 7

Le regole del patriarcato

Il cinema, come dovrebbe essere ormai noto, è un’arte. E l’Arte, sia pure in ambito di finzione, non può fare a meno di intercettare le istanze proposte dal mondo reale, nell’esatto momento storico in cui esse si pongono come tali. Sembra dunque fatto assodato il ritorno in grande stile, ad ogni latitudine cinefila, della tanto temuta lotta di classe. A parte il granitico Ken Loach, che ne ha fatto quasi sempre perno della propria poetica, di recente abbiamo avuto il piacere di vedere, ad esempio, il magnifico Parasite del sudocoreano Bong Joon-ho, una commedia interclassista pronta a sfociare nella tragedia più cupa, e persino un piccolo thriller con venature horror come Finché morte non ci separi di Matt Bettinelli-Olpin e Tyler Gillet, capace di disegnare un ritratto alto-borghese “cannibalico” e, a proprio modo, definitivo.
Si può inserire a pieno titolo nella relativamente nuova categoria anche questo Cena con delitto (in originale Knives Out, cioè coltelli fuori, pronti al metaforico uso) di Rian Johnson, film di chiusura della trentasettesima edizione del Torino Film Festival. Sul quale pare già di ascoltare le definizioni più ovvie: giallo alla Agatha Christie essenzialmente basato sul classico “whodunit“, ovvero la scoperta del colpevole. Oppure omaggio alla Hollywood del tempo che fu, anche e soprattutto per la bontà del cast radunato nel lungometraggio. Tutto giusto. Eppure, quando una trama mette di fronte una famiglia molto più che economicamente agiata nel paese patria del capitalismo come gli Stati Uniti ad una ragazza sudamericana in odor di immigrazione clandestina, risulta davvero impossibile non pensare ad un significato socio-politico nemmeno troppo occulto. Gli ingredienti di Cena con delitto non esulano dagli stereotipi del genere. Senza spoilerare alcunché la platea viene testé catapultata in una magione di famiglia, dove la sera prima si è consumato l’ottantacinquesimo compleanno del patriarca, il ricchissimo editore Harlan Thrombley. Il quale, ovviamente, è stato rinvenuto defunto il mattino seguente. Polizia e un celebre detective privato – Benoit Blanc, tipica figura retorica sul modello della celeberrima scrittrice britannica – ingaggiato da chissà chi, sono già sul posto. C’è una pesante eredità in ballo e l’apparente suicidio ci mette molto poco a divenire omicidio. L’intera, numerosa, famiglia viene passata in rassegna per i canonici interrogatori. Con in più il fattore X rappresentato dalla giovane Marta Cabrera, infermiera appunto sudamericana che si stava prendendo cura dell’anziano pater familias fino al decesso.
Due elementi sanciscono, in primo luogo, la riuscita di Cena con delitto. La fluidità estrema della regia di Johnson – cineasta dell’amato Looper (2012) nonché già precettato nel franchise di Star Wars e quindi non certo da considerare il primo che capita – ed il senso di acuta e spietata ironia che permea il tutto. Un omaggio evidente al cult Invito a cena con delitto (1976) di Robert Moore, opera in grado di ibridare con grande successo turgide atmosfere gialle e comicità raffinata. Supportata peraltro da un cast extra lusso presente anche in Knives Out, a partire dallo James Bond regnante e (sembra) uscente Daniel Craig, per arrivare a “Capitan America” Chris Evans, la scream queen per eccellenza Jamie Lee Curtis, l’ottimo Michael Shannon, la sempre apprezzabile Toni Collette, il redivivo ex divo televisivo Don Johnson e la talentuosa Ana de Armas, nella fondamentale parte dell’infermiera Marta Cabrera. Con in aggiunta il grande vegliardo Christopher Plummer a impersonare il ruolo beffardo della vittima. Attrice e attori i quali, dando il meglio del loro talento, forniscono altri motivi d’interesse a questo divertissement affatto privo di ambizioni alte. E se il meccanismo narrativo, comunque assai ben oliato, in qualche singolo frangente pare spingersi temerariamente oltre le soglie della verosimiglianza – e qualche purista potrebbe considerarlo un peccato grave – nondimeno il film di Johnson, pure sceneggiatore, riesce a ricamare di fino su uno dei mali assoluti della società globale: una forbice tra abbienti senza limiti e indigenti sempre più in difficoltà che continua ad allargarsi in maniera tanto vistosa quanto pericolosa. Non sorprenda allora che Cena con delitto finisca con l’affrontare, oltre la cornice, quasi di petto temi quali la rapacità e la grettezza opposte a generosità ed altruismo. In fondo si tratta della storia infinita del mondo in cui viviamo. Resta solo da stabilire – e non è impresa ardua – quale di queste pulsioni sia maggioritaria nella realtà. Al Cinema è un’altra cosa; perché, appunto, si parla di Arte…
Buon divertimento allora, magari a denti stretti, con Knives Out, presto nelle sale italiane.

Daniele De Angelis

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