Nuovo ma ordinario capitolo dell’Universo Cinematografico Marvel
Il tempo passa e, com’è noto, il primo Capitan America è ormai in pensione dopo i fatti di Avengers: Endgame (2019): a prenderne il leggendario scudo è adesso il suo amico Sam Wilson (Anthony Mackie), che ha combattuto a lungo al suo fianco. E, infatti, la nuova divisa richiama quella del classico Capitan America ma integrata dall’apparecchiatura volante che Sam utilizzava quando vestiva i panni di Falcon: quindi droni intelligenti e ali corazzate e potenziate con tecnologia del fittizio, avanzatissimo stato africano del Wakanda. Il mondo è profondamente cambiato e ora l’eroe lavora direttamente con l’esercito americano (non senza porsi domande), impegnato in missioni speciali ad alto rischio. Ad accompagnarlo, tra gli altri, c’è l’ufficiale dell’esercito Joaquin Torres (Danny Ramirez), ansioso di assumere a sua volta l’identità di Falcon usando anch’egli una nuova versione della tuta volante. A sollevare in loro non pochi dubbi, è un’operazione eseguita in territorio messicano, a caccia di un artefatto sottratto al Giappone e custodito dai Serpenti, mercenari guidati da Sidewinder (Giancarlo Esposito, ormai a quanto pare prigioniero nel ruolo cinematografico del “villain”). Nel frattempo una personalità ambigua e ostile come il generale Thaddeus “Thunderbolt” Ross (Harrison Ford) è stato eletto nientemeno che Presidente degli Stati Uniti, avvalendosi della collaborazione della più improbabile dei capi della sicurezza, la minuta Ruth Bat-Seraph (la brava e qui sacrificata Shira Haas di Shtisel e Unorthodox). La sua prima gatta da pelare è una crisi in corso nell’Oceano Indiano, dove le potenze del mondo si stanno contendendo un rarissimo e potente minerale, l’adamantio, che si trova su “La massa del Celestiale”, un’isola misteriosa emersa dai mari come visto nel fallimentare Eternals (2021). Le tensioni internazionali sono altissime ma, invece di lavorare per riportare la pace sul pianeta, qualcuno sta soffiando sul fuoco per farle deflagrare.
Ben cinque sceneggiatori, tra cui lo stesso regista Julius Onah, mettono mano ad una storia che prova a rimodellare l’MCU, il Marvel Cinematic Universe, indicandone i nuovi scenari politici e cercando di rimettere ordine, appunto, nel caos degli ultimi anni. Non è un mistero, ovviamente, che dopo Avengers: Endgame siano stati pochi i titoli validi, non certo aiutati da un’infornata di serie televisive che, trasmesse sulla piattaforma digitale “Disney+”, si sono rivelate deboli, quando non addirittura scadenti. Nonostante le buone intenzioni, questa pellicola sembra risentire ancora di una certa confusione che regna dietro le quinte della Marvel: il risultato è un film in verità non propriamente brutto, anzi godibile in alcuni passaggi, che però risente di una certa stanchezza creativa. Mancano personaggi dal forte impatto sullo schermo, e non parliamo della statura attoriale di Anthony Mackie, che tutto sommato fa un lavoro più che discreto e ce la mette tutta per restituirci un personaggio che si sente schiacciato dalle sue enormi responsabilità, anche politiche. Il fatto è che regista e sceneggiatori non riescono ad emozionare oltre un livello che sa di “televisivo”, in una vicenda che è quasi impossibile comprendere da sola, senza aver visto quantomeno gli episodi di The Falcon and The Winter Soldier (2021), dove tra l’altro fa il suo esordio la figura di Isaiah Bradley (Carl Lumbly). Ecco, forse è questa sensazione di vedere una “lunga puntata” di una serie tv che dura da lungo tempo che toglie respiro a tutto. E’ poco minaccioso il nemico di turno, il professore Samuel Sterns (interpreato da un attore comunque bravo come Tim Blake Nelson). Risulta poco angoscioso perfino un evento dal sapore apocalittico come uno conflitto armato tra le flotte del Giappone e degli Stati Uniti, qualcosa che ricorda nemmeno troppo velatamente le reali tensioni tra Cina e America attorno all’isola di Taiwan. Inoltre, senza volere a tutti i costi un assoluto realismo che sarebbe assurdo cercare in un film della Marvel, alcuni passaggi narrativi appaiono scollati dal resto, girati in economia e privi di una vera logica. Non intendiamo fare spoiler, e quindi non entriamo nei dettagli, ma come fa il professor Sterns a ordire il suo complicato piano, chiuso com’è in un laboratorio governativo supersorvegliato? Perché tale laboratorio, seppur generosamente finanziato, pare avere strumentazioni antiquate e l’aspetto di una prigione sovietica degli anni Settanta? Come può Sterns, una volta fuggito, entrare a piacimento in un complesso dove si addestrano i Navy SEALs?
E’ ovvio che una sceneggiatura incapace davvero di “graffiare”, in mano ad un regista che oltretutto ci offre scontri fisici piuttosto goffi, non può sfornare un classico del genere. Ma negli ultimi anni la Marvel ha sicuramente proposto cose più deludenti, come il già citato Eternals, ad esempio, ma anche il pessimo Ant-Man and the Wasp: Quantumania o altri ancora. L’intenzione apparente di cambiare rotta insomma c’è, questo va riconosciuto.
Alla fine ci si può quindi divertire, se non si pretende però di vedere qualcosa di particolarmente innovativo o sovversivo, trascorrendo due ore di semplice intrattenimento e ignorando notevoli buchi di trama.
Ma non è un sollievo per questo ricco universo cinematografico che lo spettatore, uscito dalla sala, Possa dire al massimo “beh, pensavo peggio“.
Massimo Brigandì