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The Light

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VOTO: 5

Una luce ci “illuminerà”

Un’apertura piuttosto tiepidina, quella di questo 75° Festival di Berlino! Già, perché, di fatto, la nostra amata Berlinale ha deciso quest’anno di dare il via alle danze con la proiezione in anteprima mondiale – fuori concorso – di The Light, ultima fatica di Tom Tykwer che indubbiamente punta in alto (e non solo per la sua importante durata di oltre due ore e mezza), che tenta di dare risposte a quesiti altamente complessi anche attraverso una messa in scena piuttosto inusuale, ma che finisce irrimediabilmente per accartocciarsi su sé stessa. Ma vediamo, comunque, di cosa stiamo parlando nello specifico.

In The Light, dunque, la storia messa in scena è quella di una moderna famiglia berlinese, composta dal padre Tim (un sempre ottimo Lars Eidinger), dalla madre Milena (Nicolette Krebitz), dai loro due figli gemelli diciassettenni Frieda (Elke Biesendorfer) e Jon (Julius Gause) e dal piccolo Dio (Elyas Eldridge), figlio di Milena. Ognuno, in casa loro, è libero di condurre la vita che vuole, ma sono proprio la comunicazione e l’ascolto a mancare. Le cose, tuttavia, sembrano prendere tutt’altra piega nel momento in cui da loro arriverà la nuova domestica Farrah (Tala Al-Deen), donna empatica e con una difficile storia alle spalle, da poco arrivata in Germania direttamente dalla Siria.
Una lampada dall’illuminazione intermittente permette (secondo alcuni studi) di attivare determinate aree del cervello, in modo che chiunque vi si ponga davanti (rigorosamente a occhi chiusi) possa entrare maggiormente in contatto con sé stesso, riuscendo ad affrontare, finalmente, alcuni fantasmi del passato. Questa, dunque, è una pratica particolarmente cara a Farrah. Una pratica che, forse, potrebbe aiutare la famiglia con cui è recentemente entrata in contatto a superare conflitti non risolti e tensioni che si fanno via via sempre più importanti. Ma saranno davvero così semplici le cose?

I temi trattati da Tykwer in The Light, di fatto, sono molto più complessi di quanto inizialmente possa sembrare. Oltre, infatti, al valore delle relazioni interpersonali e della costante (spesso fallimentare) ricerca di sé, un discorso importante (ma mai realmente approfondito a dovere) viene fatto anche sulle condizioni di vita dei profughi siriani e, nello specifico, sulla vita di donne rimaste sole che ogni giorno devono combattere per i propri cari o, semplicemente, per trovare finalmente il loro posto in un mondo nuovo e talvolta ostile. Troppa carne al fuoco? Può darsi. E infatti, purtroppo, vi sono parecchi elementi tirati in ballo nel corso della visione, che poi non vengono, però, mai più ripresi (vedi, ad esempio, il conflitto tra Farrah e una delle sue coinquiline).
Tali imprecisioni di sceneggiatura, tuttavia, non sono le uniche pecche del presente The Light. Se, infatti, a tutto ciò aggiungiamo una messa in scena ora classica, ora che va addirittura (in modo molto discontinuo) ad affrontare il genere del musical, oltre a un crescendo che, man mano che ci si avvicina al finale, fa completamente deragliare l’intero lungometraggio, a soluzioni poco credibili (che – ahimé – spesso sfociano anche nel ridicolo involontario) e a effetti speciali posticci, ecco che questo lavoro di Tom Tykwer si è rivelato un prodotto piuttosto deludente. Un’opera indubbiamente imponente e ambiziosa, ma che finisce irrimediabilmente per accartocciarsi su sé stessa, girando pericolosamente a vuoto. Questa apertura della Berlinale, dunque, ha lasciato l’amaro in bocca a molti. Per fortuna, però, siamo solo agli inizi.

Marina Pavido

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