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Astolfo

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VOTO: 8

Ritorno al paesello

Con quel sorriso un po’ così, quell’espressione un po’ così e quella faccia un po’ così, uno come Gianni Di Gregorio non può non entrarti nel cuore. Misto di timidezza, simpatia, genuinità e innocenza, il nostro Monsieur Hulot trasteverino vi ha fatto breccia, conquistandolo film dopo film con garbo, semplicità e gentilezza. Lo ha fatto con ogni singolo personaggio al quale ha prestato il volto sin dalla sua prima apparizione in Ospiti di Matteo Garrone, con il quale si sa ha allacciato un lungo e fortunato sodalizio artistico come sceneggiatore. Poi è arrivata l’occasione di passare dietro la macchina da presa con il folgorante e pluridecorato Pranzo di ferragosto, prodotto tra l’altro proprio dalla Archimede Film del regista romano. L’anno era il 2008 e da quel momento Di Gregorio ha continuato a metterci la faccia, scrivendo, dirigendo e interpretando altre quattro pellicole, della quale Astolfo è l’ultima splendida arrivata sul grande schermo.
Presentata alla 17esima Festa del Cinema di Roma nella sezione “Grand Public” prima dell’uscita nelle sale il 20 ottobre con Lucky Red, la quinta fatica da regista, scritta a quattro mani con Marco Pettenello, lo vede impegnato nuovamente anche davanti la cinepresa nei panni di un ex professore settantenne ora in pensione che viene sfrattato dal suo appartamento di Roma. Pone rimedio all’accaduto riparando nella vecchia casa di famiglia, un rudere in un paesino del centro Italia che era stato, un tempo, un palazzo nobiliare. Si adegua alla vita in provincia, si arrangia, vivacchia, si azzuffa con il sindaco, ritrova un vecchio amico, prende in casa un paio di scapestrati come lui. Poi incontra Stefania, una donna della sua età, e si innamora. Sarà l’inizio di una nuova vita, più travagliata ma anche più bella, più vera, l’unica che valga la pena di essere vissuta.
Del resto si sa l’amore non ha età e quello tardivo che nasce tra Astolfo e la Stefania interpretata con la solita dolcezza dalla Sandrelli è una di quelle sorprese che regala la vita quando meno te lo aspetti. Ed è ciò che accade al protagonista del nuovo film di Di Gregorio, un altro del quale il pubblico non potrà non innamorarsi a sua volta, perché parte integrante di una galleria di personaggi che ci sono rimasti impressi per tutti quei motivi che abbiamo elencato all’inizio di questa pubblicazione. Astolfo non fa eccezione, poiché come i precedenti è vicino a noi, impacciato quando si tratta di manifestare i propri sentimenti, generoso quando c’è da aiutare il prossimo e non si tira mai indietro quando c’è da battersi per qualcosa o qualcuno. Fa parte degli ultimi, orgogliosamente e con la testa sempre alta, con quell’innocenza fanciullesca che abita il suo animo e muove i suoi gesti, ma che non va scambiata per debolezza. Ritroviamo il tutto in questo e nei personaggi ai quali ha dato corpo e voce nei precedenti Pranzo di ferragosto, Gianni e le donne, Buoni a nulla e Lontano lontano. Stavolta abbandona la Capitale e il quartiere per tornare al paesello, ma la sostanza non cambia, con il protagonista che ci guida nella sua quotidianità mentre trova soluzioni, accoglie, scopre e riscopre, interagisce umanamente con vecchie e nuove conoscenze, riallaciando rapporti e creandone altri, ma soprattutto torna ad amare.
Film dopo film, la sensazione da spettatore è quella di incontrare la stessa figura come si rincontra un amico di vecchia data con il quale parlare con un velo di nostalgia dei bei tempi andati e di quello che ci aspetta. In tal senso, anche Astolfo sembra di conoscerlo da una vita. Il ché ce lo rende subito familiare, motivo per cui non abbiamo bisogno di sapere tutto del suo passato. Ciò non significa però che sia la copia carbone di quelli che lo hanno preceduto, richiuso nella comfort zone del suo autore e interprete. In Astolfo ritroviamo il medesimo identikit e caratterizzazione del personaggio, ma messi al servizio di una storia che presenta sfumature diverse, animato da esistenze diverse, raccontate con quel tocco ormai inconfondibile che ha il gusto irresistibile della favola moderna. Quanto basta per farcelo amare oggi più di prima.

Francesco Del Grosso

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