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Antigone

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VOTO: 7

La famiglia viene prima di tutto

Poggiare e potere contare su delle basi narrative e drammaturgiche solide come quelle della tragedia greca è un vero e proprio lusso, oltre che una certezza. Allo stesso tempo, il confrontarsi con essa può rivelarsi un’arma a doppio taglio: se da una parte può rappresentare un aiuto non da poco, dall’altro il peso specifico della materia prima può letteralmente schiacciare chi non è stato in grado di saperla maneggiare con la giusta attenzione. Non è per fortuna sua e anche nostra il caso dell’ultima fatica dietro la macchina da presa di Sophie Deraspe, presentata nella Selezione Ufficiale della 14esima Festa del Cinema di Roma e designata dal Canada per la corsa alla statuetta per il miglior film in lingua straniera, che nel riadattare in chiave moderna l’Antigone di Sofocle si è presa una bella dose di rischi.
Il suo Antigone passa miracolosamente indenne la prova del grande schermo, portando a casa un risultato ben al di sopra della sufficienza che spazza via i tanti dubbi sollevati dagli scettici di turno – noi compresi – che pronosticavano una rovinosa caduta. E invece la pellicola si è rivelata una piacevole sorpresa, capace di farsi carico della matrice letteraria appartenente al ciclo di drammi tebani ispirati alla drammatica sorte di Edipo e dei suoi discendenti, per poi ricollocarla spazio-temporalmente ai giorni nostri in terra canadese. La pellicola ci catapulta al seguito della giovane Antigone che, dopo l’assassinio dei suoi genitori, si rifugia a Montreal insieme ai fratelli e alla nonna. Studentessa modello, Antigone è il collante che tiene unita la famiglia. La tragedia deflagra quando suo fratello Étéocle viene ucciso dalla polizia. Motivata dal senso del dovere verso la famiglia e dal ricordo dei genitori, Antigone decide di mettere a repentaglio il suo futuro per proteggere quello della sua famiglia: alla legge dell’uomo, sostituisce il proprio senso della giustizia, fondato sull’amore e sulla solidarietà.
Basta leggere la sinossi per intuire che il processo messo in atto dall’autrice è un’autentica rivoluzione che sa di tradimento, ma di quelli che fanno bene alla salute e all’integrità dell’opera. Insomma ci vuole davvero tanto coraggio a fare quello che ha fatto la Deraspe e di questo le va reso merito, indipendentemente dal risultato. Per Antigone fa sua la storia originale e gran parte dei temi universali che scorrono nelle vene delle pagine di Sofocle (sete di giustizia, legami di sangue, sacrificio) per metterle al sevizio di un dramma dalla natura camaleontica che ne chiama in causa altrettanti legati al terrorismo, alla mancata integrazione e all’escalation di violenza. La cineasta mescola tragedia classica e generi dando al progetto un DNA multiforme che muta con lo scorrere degli atti. Si passa così dal romanzo di formazione al prison movie e al legal movie, con delle transizioni fluide e impercettibili che efficacemente accompagnano lo spettatore tra una fase e l’altra. Il tutto scandito da musiche orchestrali e sinfoniche che aumentano in maniera esponenziale la dimensione tragica di un racconto che coinvolge a vario livello, con la bravissima Nahéma Ricci nei panni della protagonista a fare da veicolo di emozioni di crescente intensità.

Francesco Del Grosso

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