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The Vast of Night

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VOTO: 6

Signore e signori, il disco volante

Sulla carta non era niente male, l’operazione tentata da Andrew Patterson con The Vast of Night. Citare le peculiari atmosfere di The Twilight Zone e di altre serie coeve. Alludere al costante senso di minaccia tipico di un determinato immaginario fantascientifico, quello delineatosi nei primi anni della Guerra Fredda. Contaminare poi con uno stile vagamente “spielberghiano”, in qualche misura anni ’80, la classica storia di dischi volanti e rapimenti alieni.
Peccato però che, un po’ per mancanza di mezzi e un po’ per l’esaurirsi delle idee più interessanti, il film così atteso alla 14esima edizione della Festa del Cinema raggiunga solo in parte il suo obiettivo, risultando intrigante nelle premesse ma permettendo ad una eccessiva verbosità di disperdere la tensione fin lì accumulata.

Siamo per l’appunto alla fine degli anni ’50. L’azione si svolge in una sperduta località del Nuovo Messico. Ed ecco che alcuni piani sequenza ben congegnati ci permettono di pedinare uno dei protagonisti, giovane e scanzonato speaker radiofonico, nei meandri dell’istituto scolastico dove sta per svolgersi uno tra i pochi eventi in grado di chiamare a raccolta la cittadinanza: l’incontro di basket tra una squadra del posto e altri liceali giunti da fuori. Del resto basta poco per movimentare l’esistenza sonnacchiosa di quella comunità persa tra boschi e montagne. Ma per lo sfrontato teenager e per l’altra protagonista del racconto, una svampita centralinista, le emozioni della serata saranno di gran lunga più forti, considerando che nel giro di poche ore dovranno confrontarsi coi segni sempre più evidenti di una presenza aliena.
I due cominciano a investigare, raccogliendo testimonianze in pieno stile Area 51. Uno strano magnetismo impregna l’area creando disturbi nelle comunicazioni. E la gente intanto comincia a sparire. Ben presto i protagonisti si renderanno conto che ad essere in pericolo non è la folla radunatasi a scuola per seguire la pallacanestro, bensì quelli come loro rimasti isolati dagli altri, perché la strategia dei visitatori alieni sembra essere il classico “divide et impera”…

Non privo di meriti, sia a livello di atmosfere che per l’estetica vintage inseguita con tenacia a partire dalla fotografia, The Vast of Night comincia a scricchiolare allorché certi dialoghi si dilungano a dismisura, spezzettando la tensione e trasformandosi in mero esercizio di storytelling. Lo stesso finale appare così un po’ svuotato: tutto sommato la maestosa apparizione del disco volante di turno è ben resa, dal punto di vista iconico, ma viene a troncare con eccessiva fretta e schematicità la perigliosa avventura dei due ragazzi, ormai rassegnati a finire in mani aliene. E così il sense of wonder che dovrebbe scaturire da tale scena si smorza, non riuscendo a eguagliare neppure l’effetto di una qualsiasi copertina, pescata tra le tante pubblicazioni Urania che esibivano con fierezza, in altre decadi, astronavi ed invasori spaziali.

Stefano Coccia

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