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Amusia

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VOTO: 7

Note distorte

La musica accompagna da sempre le nostre giornate, fa da colonna sonora alle nostre esistenze, ai momenti belli e a quelli più brutti. C’è almeno una canzone nella vita di ciascuno di noi che abbiamo imparato ad amare alla follia al punto tale da riascoltarla tutte le volte che vogliamo rivivere, ripensare o riprovare qualcosa che ci ha segnato in maniera indelebile. Ma cosa accadrebbe se questo dono venire meno, se dovessimo rinunciarci e vivere senza di essa? Una possibile risposta ce la prova a dare Amusia, l’opera prima di Marescotti Ruspoli, in uscita nelle sale a partire dal 27 aprile con 102 Distribution dopo il premio del pubblico al Tallinn Black Nights Film Festival 2022 e la presentazione in concorso nella sezione “Panorama Internazionale” del 14° Bif&St. L’amusia è, infatti, la grave patologia che ha colpito sin dalla tenerissima età la protagonista di un film che ha il pregio di far luce su una sindrome davvero poco conosciuta, che nella realtà riguarda il 4% della popolazione. Dal greco “a-musia”, ovvero “mancanza di armonia”, è una malattia cerebrale o degli organi uditivi che impedisce a chi ne soffre di comprendere, eseguire ed apprezzare la musica. Questa subisce una distorsione sonora, provocando un disturbo uditivo.
Un’infanzia solitaria, trascorsa a difendersi dai pregiudizi altrui, spingerà proprio la protagonista della pellicola a fuggire e la porterà a incontrare un ragazzo completamente diverso da lei, che vive in un microcosmo provinciale, vagamente surreale, fatto di edifici metafisici, motel a ore, luci al neon. Questo farà da cornice a una delicata e intensa storia d’amore, con l’assenza da una parte e la presenza d’altra della musica che consentirà alle due solitudini di entrare in contatto e diventare una cosa sola. Da questo incontro scaturisce un melodramma sofisticato nella forma quanto nei contenuti, che grazie ad atmosfere metafisiche, tempi dilatati ed emozioni cangianti, attira a sé come una calamita lo spettatore di turno. Questo si trova a fare i conti con un’opera non semplice da approcciare, poiché lontana dal mainstream e dal dramma sentimentale classico per via di un modus operandi autoriale e poetico che vede nella complessità, nell’eleganza e nella stratificazione della scrittura e della sua messa in quadro il carattere dominante. Ciò fa di Amusia un film in cui il cosa e il come viaggiano all’unisono, alimentandosi a vicenda e senza fagocitarsi l’uno con l’altro. Il tutto all’insegna di un rigore formale, di una raffinatezza e di un lirismo che si traducono sullo schermo in una storia minimalista fatta di gesti, sguardi, parole soffocate e non detti, incastonati in immagini geometriche e chirurgiche, fotografate con grande impatto visivo da Luca Bigazzi.
Guardare Amusia, così come i film di Malick o i più in simbiosi Now is Everything e Where Are You della coppia formata da Riccardo Spinotti e Valentina De Amicis, significa abbandonarsi completamente a un’esperienza immersiva e sensoriale, dove la componente sonora e quella visiva servono al fruitore come “ponte” per connettersi e penetrare nel mondo alterato e distorto della protagonista, qui interpretata con grande efficacia da Carlotta Gamba, ben affiancata da Giampiero De Concilio, Fanny Ardant e Maurizio Lombardi.

Francesco Del Grosso

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