Dagli amici mi guardi Iddio
Parte già in una posizione privilegiata, un lungometraggio come lo spagnolo Amigo. Un vantaggio dovuto alla scelta di affidare uno dei due ruoli principali a Javier Botet, nome ben conosciuto tra gli appassionati di cinema di genere. Un’autentica star di caratura internazionale, presente in diverse produzioni orrorifiche nelle quali c’è da interpretare minacciose creature demoniache o meno. La saga di REC, It, Insidious. Solo qualche titolo in cui la presenza di Botet, ovviamente aiutato dal trucco e dalla computer graphic, ha contribuito a generare genuina tensione tra gli spettatori. Il colpo di genio partorito da Óscar Martín, regista e co-sceneggiatore di Amigo assieme ad i due interpreti, è stato quello di affidargli un ruolo al naturale, per così dire. E trattandosi di un sottile thriller psicologico, bisogna ammettere senza alcun dubbio che il corpo magrissimo di Botet, il suo sguardo velatamente minaccioso, risultano fattori di un certo rilievo nella riuscita del film.
In Amigo, opera presentata nel concorso lungometraggio del Ravenna Nightmare Film Fest 2021, veniamo catapultati in medias res, cioè in un contesto dove qualcosa di determinante è già accaduto in precedenza. Facciamo la conoscenza di David (l’ottimo David Parejo) e Javi (appunto Javier Botet. Notare come i due personaggi mantengano i nomi di battesimo degli attori…). I due arrivano in una grande casa isolata nella natura, scenario tradizionale di opere come questa. David si occupa “amorevolmente” di Javi, paraplegico confinato su una sedia a rotelle ed impossibilitato a camminare. Si percepisce immediatamente una nota stonata nel rapporto tra i due. Un rancore sordo coltivato da Javi nei confronti di David. C’è stato un incidente, viene detto. Nel corso del quale la moglie di Javi ha perso la vita e Javi stesso ne ha subito le conseguenze che si possono vedere. Un tragico fatto la cui responsabilità potrebbe ricadere su David, che però nega decisamente. Inizia tra loro una partita dagli esiti imprevedibili. O forse non proprio tali.
Se il fine ultimo di un’opera quale Amigo era scavare sul lato oscuro di quella che una volta era stata forse una vera amicizia, l’operazione non può che dirsi riuscita. La tensione, durante tutta l’ora e mezza scarsa di durata, si taglia a fette, grazie anche all’ambiguità insita nei personaggi. Troppo caritatevole David per non celare qualche sospetto, troppa rabbia non sfogata in Javi, desiderosa di eruttare in qualche modo. Il limite principale di Amigo risiede però nel non riuscire a trovare quel twist finale in grado di chiudere un cerchio narrativo sino a quel momento perfettamente preparato. Ci si affida all’indubbio talento dei due attori per incanalarsi in un epilogo certamente ad effetto ma anche piuttosto scontato, nel quale i destini dei due non possono che dipendere l’uno dall’altro, considerata anche la situazione logistica, con l’inverno calato inesorabile sulla regione montuosa che funge da ambientazione.
Un lungometraggio, insomma, studiato nei minimi dettagli a cui viene a mancare il colpo d’ala finale che ne avrebbe fatto un autentico gioiellino nel genere di riferimento. Non resta allora che accontentarsi delle performance recitative, dell’ottima alchimia attoriale tra i due protagonisti e di una regia in grado di utilizzare al meglio qualsivoglia risorsa al fine di creare un clima di palpabile tensione per tre quarti della durata del film. Lasciando così in chi guarda una traccia difficilmente cancellabile di come possa mutare un rapporto in relazione ad eventi forse incontrollabili. Giungendo all’inoppugnabile verdetto che siamo tutti in balia di un Destino in buona parte costruito da noi stessi e dai nostri errori.
Daniele De Angelis