La forza della sopravvivenza
Il bambino nascosto di Roberto Andò non è un ‘semplice’ film in cui la camorra cerca di essere la protagonista della vita delle persone del quartiere in cui si muove (e non solo); ma è soprattutto la storia di un incontro. Liberamente tratto dall’omonimo romanzo dell’artista siciliano (edito nel 2019 da La Nave di Teseo) – il quale ha deciso di farsi supportare (scelta particolare e che, al contempo, si è rivelata calzante) nella stesura della sceneggiatura dal poeta Franco Marcoaldi – il lungometraggio mette in scena come l’irruzione di Ciro (interpretato con grande spontaneità da Giuseppe Pirozzi) nella casa e nell’esistenza del professore possa avere la potenza di cambiare il corso delle vite. Come uno scugnizzo che sa come scappare e infilarsi – sembrano doti innate, ma è la realtà a fartele assimilare, il ragazzino, infatti, entra quatto quatto mentre Gabriele Santoro accoglie il postino; ma prima si lava il viso (il gesto di come si sbarba evoca lo stesso Eduardo, oltre che abitudini di alcuni napoletani e, in generale, di adulti che sono soliti farla ogni giorno). È proprio in quel breve lasso di tempo, che Ciro, di soli dieci anni, sgattaiola nell’appartamento. Il docente, com’è solito fare, esce per recarsi al Conservatorio San Pietro a Majella, dove è titolare della cattedra di pianoforte.
Solo in tarda serata, qualcosa gli farà pensare che ci sia qualcuno. Il ‘maestro’ (così viene chiamato da chi abita lì) sa chi è Ciro, ma non riesce a fargli dire come mai sia fuggito di casa; eppure, nonostante la sua condizione – apparentemente di misantropo – e la consapevolezza del rischio che sta correndo, accetta di nasconderlo e proteggerlo.
«Pochi metri in cui si misura il senso profondo della vita e la possibilità di amare e di essere amati.
Il bambino è figlio di un camorrista e, come accade quando l’infanzia è negata, ignora l’alfabeto dei sentimenti. Sulla camorra abbiamo l’impressione di aver già visto tutto, ma forse nella prospettiva offerta dal film c’è lo spiraglio di una visione dal di dentro, che esplora la zona intima dove collidono i codici del crimine e quelli degli affetti, e dove si combinano dunque il mostruoso e l’umano. È una storia che ho affidato a un attore ‘dell’anima’ come Silvio Orlando (il quale si rivela ancora una volta giusto per il ruolo affidatogli, nda), affiancato dal bambino di grande talento, Giuseppe Pirozzi» (dalle note di regia).
Durante lo sviluppo narrativo entrambi i protagonisti ‘molleranno’ una parte di sé per mischiarsi l’uno con l’altro, con una contaminazione tra poesia, note musicali e rap, da cui si costruirà un rapporto – come esso sia meglio scoprirlo al cinema. Una cosa è certa, Il bambino nascosto fa riflettere anche sui legami di sangue, sia nella famiglia ‘bene’ (quella del professore, il quale ha un fratello a cui dà volto Gianfelice Imparato) sia nelle faide per cui Ciro è ora in questa condizione (ci si troverà a riflettere anche sulle diverse posizioni della madre-Imma Villa e del padre-Sasà Striano).
Tra gli altri componenti del cast vogliamo citare Lino Musella (molto vicino al docente, il quale riveste una parte che gioca con le corde del sospetto, della difensiva, ma anche dell’affetto che Diego nutre verso l’uomo), Roberto Herlitzka nei panni del padre del professore (non nuovo nel lasciare il segno anche grazie a una scena all’interno di tutto il film) e Francesco Di Leva (con un ruolo che ‘potrebbe’ svelare una carta).
Dopo esser stato presentato Fuori Concorso a Venezia78, 01Distribution lo ha portato nelle nostre sale a partire dal 3 novembre.
«Quando ti metterai in viaggio per Itaca
devi augurarti che la strada sia lunga,
fertile in avventure e in esperienze».
da “Itaca” di Costantino Kavafis
Maria Lucia Tangorra