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Al di là dell’ombra

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VOTO: 7.5

In piena luce

Semplici regole per la realizzazione di un buon cortometraggio: una forte idea narrativa, magari con annesso twist a sorprendere lo spettatore. Oppure, in alternativa, una messa in scena di grande impatto, ad evocare metafore importanti in grado di suscitare interpretazioni soggettive e complesse. A tale categoria appartiene senza dubbio Al di là dell’ombra, lavoro sulla distanza breve realizzato dal regista pugliese (classe 1997) Giuseppe Gimmi.
Un uomo sulla cinquantina. Non vedente dall’età di dieci anni. Munito di bastone passeggia nella macchia verde infinita. Un’azione che egli ripete quotidianamente.
In appena tre minuti – con un altro da aggiungere per i titoli di coda – il corto di Gimmi, pur non evolvendosi a livello di trama, attraverso le pure immagini racconta molto più di ciò che sembra. La poca essenzialità dell’essere umano di fronte alla maestosità della Natura, ad esempio. Quasi si trattasse di una poesia del Quasimodo, un confronto semplice e senza fronzoli tra caducità esistenziale e immutabilità dello sfondo naturale. Anni che appaiono similari ad un soffio se osservati dall’altra prospettiva, quella di Madre Natura. Ma anche l’importanza di mantenere vivo un rapporto, da parte del protagonista, con il posto in cui vive, non dimenticando mai quella bellezza che gli permette di sopravvivere. Almeno finché il resto del consorzio umano non provvederà a spezzare tale idillio, sempre in nome di un arricchimento in grado solo di farci sprofondare in una povertà ancora più assoluta.
Non bastasse tutto questo ecco giungere il discorso relativo al rapporto tra disabilità e mondo circostante. La grandezza di colui che, privo della vista, acuisce gli altri sensi per amare in maniera più profonda tutto lo splendore che sussiste attorno a lui. Capace in tutto e per tutto di ridonare la vita ad una persona in qualche modo danneggiata dal destino. Superata l’ombra, come suggerisce il titolo del corto, l’unica meta del viaggio può essere solamente l’essenza delle cose, il raggiungimento di una “perfezione” anomala ma niente affatto utopica.
Al di là dell’ombra – fresco di premio alla regia nell’ambito della XV edizione del Festival Internazionale di Cinema Patologico – è un viaggio della durata di tre minuti che aspira all’eternità. Un invito a raggiungere e superare i propri limiti nell’ambito del quotidiano. Perché se le imprese sportive del famigerato show business raggiungono un’eco assai maggiore è il superamento degli ostacoli giornalieri a donare maggiore soddisfazione personale.
Oltre ad elogiare la bella fotografia di Luca Desiderato e in generale l’intero comparto tecnico, resta la bellezza di un cortometraggio capace di prestarsi a moltissime interpretazioni pur partendo da una situazione basica e certamente in corso in chissà quante parti del mondo. Un ammonimento, allora, a coltivare la nostra umanità prima dell’irreparabile, cioè perderla a causa di qualcosa che non ci appartiene in alcun modo.

Daniele De Angelis

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