Il ritorno del campione
Negli ultimi anni gli appassionati di cinema di genere e di film d’azione si sono abituati a vedere spesso Claudio Del Falco, campione di arti marziali che alcuni chiamano già il Van Damme italiano, sul grande schermo. A volte può vestire i panni del protagonista, come nel parzialmente autobiografico Karate Man. Mentre in altre occasioni lo abbiamo apprezzato quale antagonista spietato, sadico e spregiudicato, vedi la piccola parte avuta in una produzione internazionale come Assassin Club di Camille Delamarre.
Iron Fighter segna però una novità: qui Del Falco, oltre a essere protagonista del racconto, è anche regista. Le esperienze sui set di altri gli sono evidentemente servite, perché questo suo lungometraggio d’esordio ha tutte le carte in regola per confrontarsi dignitosamente con gli action movies d’oltreoceano, a partire dal ritmo adrenalinico della narrazione e dalla qualità delle scene di combattimento.
A caratterizzare il film vi sono intenti “tarantiniani” e l’anima di un B-movie affrontato gagliardamente, sfrontatamente da tutto il cast, sia artistico che tecnico, per irrobustire un soggetto che appare qui tendenzialmente dicotomico, nel suo omaggiare ben due filoni del cinema di genere contemporaneo.
Nella prima parte di Iron Fighter, infatti, Claudio Del Falco (citato non a caso col suo vero nome) viene presentato proprio quale campione di karate e K1 a fine carriera, intento a preparare un incontro (quello che lo vedrà contrapposto a un brutale lottatore egiziano) che, oltre ad essere il potenziale suggello di un memorabile percorso sul ring, vanta un montepremi talmente ricco da far gola anche al giro degli scommettitori e a organizzazioni criminali prive di scrupoli; e sarà questa, possiamo già anticiparlo, la miccia che accenderà nel dipanarsi della narrazione sviluppi ben diversi da quelli del classico film sportivo.
Tale è comunque il mood iniziale, poiché a classici come Rocky o come Karate Kid l’incipit del lungometraggio fa di continuo l’occhiolino, puntando i riflettori sulla spasmodica attesa dei tifosi per il ritorno del campione, sui tostissimi allenamenti con il Lago di Castel Gandolfo sullo sfondo (e sotto lo sguardo vigile di un Danny Quinn in gran forma), sulle riprese stesse di un match che round dopo round diventa per entrambi gli sfidanti più duro. Proprio dalla qualità delle scene girate sul ring si vede quanto abbia imparato Claudio Del Falco, nel corso delle precedenti esperienze cinematografiche.
La sostanziale dicotomia di Iron Fighter si accende però nel prosieguo del racconto, allorché il protagonista rientrando trionfante nella sua ricca villa si imbatte in una banda di spietati malviventi, con a capo un orientale dalla lingua tagliente (ovvero l’irresistibile Hal Yamanouchi di Wolverine – L’immortale e di tanti altri film), che ha preso in ostaggio la seconda moglie del campione e minaccia ora anche la figlia, tutto per mettere le mani sul compenso miliardario ricevuto da Claudio dopo l’impresa compiuta sul ring. A quel punto però il nostro eroe dimostrerà di saperci fare non soltanto con i pugni e con i calci, ma anche con la katana…
Ben ritmato dall’appropriatissima colonna sonora di Demo Morselli, Iron Fighter si trasforma così strada facendo in un acceso, adrenalinico revenge movie, che oltre alla grinta e allo stile dello stesso Del Falco può schierare un plotoncino di stuntman e avversari d’eccezione, tra cui spicca l’amico Stefano Maniscalco, anche lui pluricampione di arti marziali che avevamo già visto all’opera in Karate Man. Nota di colore: i personaggi femminili, in particolare la caliente Camila Cruz Escobar, con la loro straripante fisicità sembrano uscire fuori da un vecchio film di Russ Meyer o da qualche fumetto hard boiled americano.
Stefano Coccia