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Shakes versus Shav

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VOTO: 8

Shaw Must Go On

La quindicesima edizione dell’Irish Film Festa si è aperta a Roma giovedì 4 aprile con quattro proposte cinematografiche, tutte alquanto diverse tra loro, che hanno raccolto un gran successo di pubblico. E anche di critica, volendo, qualora ci sia concesso di prende quale “campione” più o meno rappresentativo proprio la redazione di CineClandestino, i cui collaboratori sono presenti al festival sin dalla primissima edizione!
E a memoria (o forse solo per gusto personale) fatichiamo a ricordare un inizio così scoppiettante. A partire proprio dal cortometraggio fuori concorso, che è stato proiettato alla Casa del Cinema prima dell’altrettanto sorprendente documentario Notes from Sheepland: ovvero Shakes versus Shav di Damian Farrell e Gerry Hoban.

Già le premesse del corto sono alquanto gustose. Gli autori hanno infatti preso spunto dall’ultima, immaginifica opera pubblicata dal grande scrittore irlandese, nonché Premio Nobel per la Letteratura, George Bernard Shaw; in questo suo scritto senile l’affermato drammaturgo, ispirato come verremo presto a sapere dalla singolare richiesta di un Maestro nell’arte delle marionette, si era divertito a immaginare che lui e l’immenso William Shakespeare (interpretati per l’appunto da due marionette) si sfidassero a singolar tenzone, in barba ai secoli che li separano, per stabilire – ricorrendo a versi e frammenti celebri delle proprie opere – chi dei due possa essere stato il più importante.
Damian Farrell e Gerry Hoban hanno attinto a tutto ciò realizzando un formidabile film a tecnica mista, che si configura innanzitutto quale affascinante gioco di scatole cinesi. D’aiuto e di stimolo è stata senz’altro la personalità del celebre drammaturgo irlandese: costui, un po’ come il nostro D’Annunzio, viene ricordato come uno tra i primi letterati del Novecento a giocare con la sua immagine, ad usarla in senso mitopoietico, facendosi perciò conoscere al pubblico internazionale non soltanto attraverso i propri capolavori, ma anche tramite fotografie, copertine sulle riviste, registrazioni fonetiche e pionieristiche riprese cinematografiche. Proprio un filmato d’epoca con lui in scena diventa quindi per gli autori del corto la cornice, entro la quale incastonare tutto il resto.

Lo stesso testo di Shaw, in cui l’estrema consapevolezza del proprio valore come artista non è mai disgiunta da una certa ironia e autoironia, subisce qui una sapida decostruzione, in cui vediamo all’opera differenti tecniche e differenti approcci. Illustri mentori della rappresentazione scenica di tale opera sono peraltro due grandi attori, Colm Meaney e Derek Jacobi, che vediamo innanzitutto studiare, commentare e naturalmente provare i dialoghi, nel corso di eleganti riprese in bianco e nero da “dietro le quinte”. Saranno difatti loro a prestare la voce ai due personaggi. Ossia alle due marionette. Ed è nell’interazione tra le marionette stesse che i registi di Shakes versus Shav riversano poi gran parte della loro bravura. Non solo. A parte l’ulteriore scarto rappresentato dai disegni, dall’animazione tradizionale sui titoli, vero colpo di genio e il momento in cui le marionette di Shaw e Shakespeare si rapportano a loro volta con altre marionette in miniatura, dando sfogo così a un vertiginoso giochino metalinguistico tanto aggraziato quanto brillante.

Stefano Coccia

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