Un video per te
Tra i suoi Eventi Speciali la 24esima edizione del 24 FRAME Future Film Fest ha ospitato l’anteprima europea di A Few Moments of Cheers, il lungometraggio diretto da Popreq, all’anagrafe Kei Sugawara, approdato così nel Vecchio Continente dopo la première mondiale al Tokyo International Film Festival 2024 a cui è seguita l’uscita nelle sale nipponiche lo scorso giugno.
Prodotto dalla combo Evviva! e 100Studio e distribuito da Bandai Namco Filmworks, il film è stato scritto da Jukki Hanada, già autore tra gli altri dell’anime Oh, Mia Dea!, che ha consegnato nelle mani del cineasta giapponese una sceneggiatura che sembra cucita su misura per lui. La pellicola infatti ci porta nella vita di Asaya Kanata, un liceale con la passione nel realizzare video musicali. Un giorno incrocia per strada Yū Orie, un’insegnante che ha abbandonato il suo sogno di diventare una musicista. Asaya, rimasto affascinato durante una sua esibizione per la strada, decide di realizzare un video di una sua canzone. Di fatto Hanada ha portato sullo schermo quella che può essere considerata la storia romanzata dell’alter-ego cinematografico di Popreq, visto che come quest’ultimo anche il protagonista è specializzato nella creazione di video musicali animati. La musica dunque non poteva che essere il motore del film e il carburante che alimenta chi lo popola. Una corrispondenza che ha reso ancora più personale l’opera, azzerando di fatto quella distanza che il più delle volte esiste tra il personaggio e colui che lo ha “partorito”. In particolare lo si evince dall’afflato e dalla cura che sia lo sceneggiatore che il regista ci hanno messo nel costruire l’identikit di Asaya e il suo percorso di crescita. Afflato che, nonostante le buone intenzioni, però in alcuni momenti sfugge di mano agli autori, quanto basta per mandare su di giri e sulle righe il personaggio rendendolo troppo esagitato rispetto a certe reazioni. Un effetto collaterale che a nostro avviso andava tenuto più sotto controllo in fase di scrittura e di conseguenza di messa in quadro.
Ciononostante è questo amore incondizionato nei suoi confronti, che traspare da ogni fotogramma che va a comporre la timeline, il cuore pulsante di un film che nei settanta minuti circa a disposizione riesce ad allargare i propri orizzonti tematici e drammaturgici ad altro rispetto alla classica raccolta di capitoli di un romanzo di formazione. Dal coming-of-age, con relative argomentazioni annesse, la narrazione va infatti a focalizzarsi su altri aspetti che finiscono con il diventare il baricentro su e intorno al quale ruota il plot. Ecco allora A Few Moments of Cheers spostare l’attenzione su concetti più alti e universali come la ricerca del talento e il perché si crea un’opera d’arte, qualsiasi essa sia. La vicenda narrata vuole essere uno strumento per riflettere su questi concetti astratti, provando a renderli concreti e tangibili attraverso il percorso a ostacoli di un ragazzo che tenta con tutto se stesso di dare delle risposte in merito, scontrandosi lungo la strada con gioie e dolori, delusioni e soddisfazioni. Un’opera ambiziosa in tal senso, che tratta argomentazioni troppo vaste e complesse per pretendere che sia esaustiva. Motivo per cui va presa per quello che è, ossia una riflessione.
Dove invece A Few Moments of Cheers perde molto terreno è nella confezione. L’animazione proposta è un vorrei ma non posso o non riesco. Il concept, il design e la tecnica adottata strizzano chiaramente l’occhio alle opere di Makoto Shinkai, a cominciare da Your Name e Weathering with You.Il riferimento e il modello sembrano quelli, ma restano a conti fatti tali, con il team guidato da Popreq che in fase realizzativa non vi si avvicina minimamente. L’impatto e la resa vengono ridimensionati trovando solo rare soluzioni degne di nota. Spesso l’animazione è poco fluida e i personaggi nel disegno sembrano usciti direttamente da un videogame. A pesare poi sono anche alcune scelte fotografiche piuttosto discutibile e ci riferiamo nello specifico a quella di dipingere gran parte delle scene con dei bianchi sparati che finiscono con il bruciare l’immagine. Il ché è un limite piuttosto evidente. Eppure le idee di regia ci sono, come nel caso delle sequenze musicali dove il regista giapponese sembra avere davvero le idee chiare. Purtroppo non bastano per risollevare le sorti del film.
Francesco Del Grosso