On Holiday
Uno dei punti di forza dei lavori firmati da Adriano Giotti – siano essi sulla breve o lunga distanza – è la spietata accuratezza di una descrizione sociale sempre scevra di qualsivoglia tentazione moralistica. E il suo ultimo cortometraggio, dal titolo secco ed incisivo di Turisti, non fa assolutamente eccezione.
Tre italiani di diversa provenienza geografica “evadono” dal resort esotico (in Thailandia, probabilmente) dove si trovano in vacanza in compagnia delle rispettive famiglie. La macchina da presa li sorprende all’interno di una baracca collocata sulla riva di un fiume. Due di loro chiacchierano, attendendo il rispettivo turno: una persona indigena sta offrendo al terzetto di connazionali un diversivo dalla routine vacanziera.
Tre personaggi, a proprio modo esemplari, sui quali è costruito l’intero corto. Quattordici minuti di durata per scandagliare tre personalità differenti, le cui caratteristiche d’insieme riassumono alla perfezione quelle del cosiddetto italiano medio. Il dubbioso, cioè colui che avverte di commettere un atto moralmente discutibile in ogni sfaccettatura e tuttavia lo compie egualmente. Il tranquillo, ovvero colui che minimizza la medesima azione, all’insegna del classico “che vuoi che sia”. Infine il gradasso, il terzo incomodo che esalta sia il gesto in sé che la virilità dell’intero trio basandosi sulla lunghezza della prestazione sessuale di ognuno. Tre interpreti in stato di grazia, tanto più che viene utilizzato nuovamente, da Adriano Giotti, il formidabile cast dello straordinario Camerieri, con Enzo Saponara, Giovani Izzo e Alberto Tordi impegnati in una strenua gara di bravura ed immedesimazione in ruoli tutt’altro che semplici.
Null’altro accade in Turisti, perlomeno dal punto di vista dinamico della trama. Solo la presentazione di una specifica situazione, che inevitabilmente condurrà ad una serie di sommovimenti interiori sia per i singoli protagonisti che soprattutto per lo spettatore, proiettato nella tipica situazione – ovviamente descritta con implacabile realismo – dal sottinteso quesito “io cosa farei al loro posto?”.
Tuttavia tanto altro è presente in Turisti. Tra le righe, acquisendo per questo maggior efficacia, affiora la denuncia della piaga del turismo sessuale con annesso sfruttamento della povertà altrui da parte del “ricco” occidente alla maniera di un Uli Seidl, sia pure con maggior partecipazione emotiva; o anche l’immanente, in senso simbolico, figura della donna oggetto delle attenzioni maschili, la quale appare in modo fugace solamente alla fine, pur risultando personaggio essenziale della storia messa in scena. Una condizione femminile di subalternità ben nota a qualsivoglia latitudine, in primis nei nostri italici territori, figlia di una forma mentis difficile da estirpare. Eppure ciò che maggiormente resta impresso dopo la visione è la sottintesa funzione speculare di Turisti. Una sorta di cartina tornasole alla quale si può reagire in molteplici modi proprio grazie alla prodigiosa “neutralità” del messaggio veicolato: orgogliosi di essere così, riflettere su cosa siamo diventati, oppure guardare direttamente in faccia, senza compromessi, lo squallore di tali azioni.
La forza prorompente di Turisti risiede dunque nel concedere l’assoluta libertà (morale) di scelta non solo dei personaggi ma anche da parte di chi guarda. Un sistema teoricamente irreprensibile che, in determinati casi, può purtroppo permettere di spalancare le porte verso un abisso insondabile. La scelta diventa così pienamente nostra, in virtù di quel libero arbitrio pilastro di ogni democrazia in senso lato del quale si lamenta, in modo sacrosanto, la mancanza nei regimi dittatoriali e/o oppressivamente religiosi.
Un vicolo cieco da cui molto difficilmente si riesce ad uscire.
Daniele De Angelis