Nel mondo di una piccola lumaca solitaria
Diversi anni fa la regista statunitense Elisabeth Tova Bailey – prima ancora di decidere che il mondo del cinema sarebbe stato la sua strada – è stata costretta a letto per un lungo periodo a causa di una malattia dovuta a particolari agenti patogeni. Durante questo periodo, alla donna è stata regalata una lumaca da tenere in una teca, al fine di avere una seppur minima compagnia. Da questa singolare esperienza ha preso vita, dunque, il cortometraggio The Sound of a Wild Snail Eating, presentato all’interno della selezione dell’Ecu Film Festival 2020.
“Come faccio a prendermi cura di una lumaca, se a malapena riesco a prendermi cura di me stessa?” ha inizialmente pensato la protagonista del cortometraggio, la cui voice over è stata assegnata alla voce calda e pacata di Daryl Hannah. Eppure, le due protagoniste – la ragazza costretta a letto e la lumaca, appunto – scopriranno ben presto di avere molte più cose in comune di quanto inizialmente potesse sembrare. Entrambe sono costrette in un posto a loro poco consono – il letto per la ragazza e la stanza di un appartamento per la lumaca – entrambe, a modo loro, troveranno anche un insolito modo per comunicare ed entrambe, dopo un lungo periodo di “quarantena forzata” riusciranno, finalmente, a ritrovare la preziosa libertà perduta. E così, pian piano, nel silenzio della sua stanza, la ragazza riuscirà addirittura a sentire la lumaca masticare – grazie ai suoi quasi tremila denti – per un rumore quasi rassicurante nel silenzio della sua stanza.
Particolarmente degno di nota, all’interno del presente The Sound of a Wild Snail Eating, è l’approccio registico adottato da Elisabeth Tova Bailey. E così, nel silenzio di una camera, privo di ogni qualsivoglia commento musicale, vediamo primi e primissimi piani della lumaca intenta a masticare lentamente alcuni petali di fiori secchi e ad aggirarsi, con la sua consueta lentezza, su superfici e oggetti della stanza della protagonista. Inquadrature, le presenti, particolarmente difficili da realizzare almeno quanto i suoni emessi dalla lumachina nell’atto di masticare, qui registrati in presa diretta grazie all’uso di particolari microfoni.
Ma il risultato finale premia ogni sforzo attuato da parte della regista e della sua troupe, per un focus intimo e ravvicinato sulla natura e sulle sue meraviglie, oltre a un lavoro estremamente magnetico e contemplativo, dalla fotografia curatissima, nonché perfetta apologia di un mondo che raramente ci è capitato di osservare e di ammirare così da vicino. E così, The Sound of a Wild Snail Eating assume immediatamente la forma di una sorta di atipico romanzo di formazione, all’interno del quale la protagonista riesce a imparare molto su di sé e sull’importanza dell’osservare e del considerare cose a cui prima raramente si era dato peso in modo del tutto diverso e molto più attento e rispettoso.
In poche parole, anche all’interno di una piccola camera da letto si possono trovare innumerevoli spunti e scoprire mondi meravigliosi. E chissà se la regista stessa, durante la lavorazione del film, avrebbe mai potuto immaginare quanto questo suo piccolo e prezioso lavoro potesse diventare attuale nell’insolito periodo storico che stiamo vivendo.
Marina Pavido