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The Rolling Stones Olé Olé Olé!

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VOTO: 7

Siamo tutti “rolingas”

Tra le rivelazioni più adorabili che un documentario come The Rolling Stones Olé Olé Olé! – presentato nella selezione ufficiale dell’undicesima Festa del Cinema di Roma – può offrire, vi è senz’altro la scoperta dei cosiddetti “rolingas”: questa subcultura nata diversi anni fa in Argentina accorpa soggetti talmente legati ai Rolling Stones e al loro mito, da arrivare a imitarne il vestiario, gli atteggiamenti, lo stile di vita. Oltre a manifestare, naturalmente, un amore sconfinato per la loro musica. Semplicemente deliziosi! Ed è solo uno dei tanti incontri, delle tante storie, che il regista Paul Dugdale si è divertito a raccontare in questo vorticoso prodotto cinematografico, che a gran ritmo esplora le diverse tappe del recente tour degli Stones in America Latina; un tour già entrato nella leggenda, anche per l’essersi rocambolescamente concluso col primissimo concerto della band a Cuba. Diciamolo pure: un evento di portata storica.

Più a monte possiamo osservare questo: ci sono poche cose, in “natura”, che risultino maggiormente cinegeniche del corpo di Mick Jagger che, per nulla appesantito dagli anni, sgambetta beatamente sul palco. La vitalità esibita ancora oggi in tournée da lui e dai sodali di sempre, Keith Richards, Ronnie Wood e Charlie Watts, ha qualcosa di miracoloso. Non a caso il brioso rockumentary di Dugdale, pur non navigando tecnicamente e stilisticamente agli stessi eccelsi livelli, ci ha riportato alla memoria la magnifica esperienza berlinese di qualche anno fa, allorché il festival ospitò lo splendido omaggio di Martin Scorsese alla band, Shine a Light.
Un lavoro come The Rolling Stones Olé Olé Olé non può certo eguagliare tale maestria, ma non se ne fa nemmeno un cruccio. Un montaggio spigliato, ritmato, fondamentalmente da videoclip ma con qualche interessante apertura, lega tra loro le diverse date del tour e le culture dei paesi attraversati. Tra le tappe del viaggio, oltre all’Argentina e a Cuba che abbiamo appena citato, vi sono paesi come Uruguay, Perù, Messico. Le apparizioni pubbliche della band occupano senz’altro uno spazio rilevante. Ma i momenti più sapidi per lo spettatore sono probabilmente quelli in cui i singoli componenti della band si raccontano, mettono a nudo una parte della loro umanità e del loro carattere, prestandosi per esempio a incontrare vecchi amici conosciuti nel corso delle loro precedenti esperienze (artistiche e non) in Sudamerica, a conoscere nuovi fan che accolgono un simile privilegio coi lucciconi agli occhi, a suonare in quartieri popolari nei quali dar vita a qualche singolare “jam session” con musicisti del posto.
Unico neo: il film dedica in fondo poco spazio alla trasferta cubana, che pure era stata introdotta con una certa suspense e non disprezzabili ironie sugli imprevisti del caso. L’attesissimo concerto, oltre a essere più volte rimandato, aveva rischiato infatti di saltare per il quasi contemporaneo arrivo di due “rompiscatole” d’eccezione: Il Papa e Obama. A entrambi, quasi inutile sottolinearlo, noialtri ci ostiniamo a preferire gli Stones…

Stefano Coccia

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