Ognuno è artista a modo proprio
Accadeva che nel non troppo lontano 2003, quando faceva la sua apparizione nelle sale statunitensi The Room, lungometraggio a dir poco maldestro ed involontariamente comico, destinato, proprio per la sua forma, a diventare ben presto un vero e proprio cult. Produttore, sceneggiatore e regista di tale chicca è stato l’allora sconosciuto Tommy Wiseau, personaggio alquanto misterioso, dall’età indefinibile e dalle origini ignote, ma ricco a tal punto da riuscire a spendere ben sei milioni di euro per produrre il suo film. Affiancato dal suo partner artistico ed inseparabile amico Greg Sestero, Wiseau continua ancora oggi a produrre e girare improbabili lungometraggi e, come ben si può immaginare, è diventato nel frattempo una vera e propria leggenda all’interno del circuito cinematografico underground. Al punto da spingere l’attore e regista James Franco a voler raccontare a tutto il mondo le sue bizzarre vicende e la sua incredibile ascesa nell’Olimpo dei “grandi”. E così è nato The Disaster Artist, bizzarro biopic presentato alla 35° edizione del Torino Film Festival – all’interno della sezione After Hours – che segue passo passo le avventure del nostro Wiseau, dalla nascita del sodalizio artistico con Sestero, fino alla sera della prima di The Room.
Data la portata del tema trattato, ovviamente viene da chiedersi se un autore come il prolifico James Franco – encomiabile come interprete, ma che, pur essendo un cineasta indubbiamente valido, non sempre ha convinto con le sue prove dietro la macchina da presa – sia in grado di rendere sul grande schermo il forte impatto che un personaggio come Wiseau ha avuto sul pubblico e, soprattutto, la vera essenza di un lungometraggio come The Room. Fortunatamente, il giovane attore statunitense, si è rivelato all’unanimità forse la persona più adatta a raccontare le vicende di Wiseau, non solo per l’impeccabile messa in scena – che denota un lavoro minuzioso nel ricostruire sia la storia del regista che lo stesso The Room, con scene appositamente girate per l’occasione – ma anche per la straordinaria interpretazione di Tommy Wiseau, che lo ha reso irriconoscibile sia nel look – al pari, quasi, del personaggio da lui interpretato in Spring Breakers di Harmony Korine (2012) – sia nelle movenze e, soprattutto nel riprodurre il suo bizzarro accento.
Il risultato finale è un giocattolone pulito nella realizzazione e spassosissimo, che, tuttavia, mette in scena soprattutto la fragilità degli artisti “falliti”, se così si può dire, e, nello specifico, ci regala un ritratto quasi inedito di Wiseau, personaggio molto più indifeso di quanto possa inizialmente sembrare che dietro una confezione a dir poco spettacolare del suo film, mal cela, in realtà, un forte bisogno di amore e di attenzione che non è mai riuscito ad avere altrimenti. Ed ecco che James Franco ci regala finalmente uno dei suoi lavori da regista più convincenti, che, dietro una risata, ci mostra quanto è difficile essere artisti se non si possiede il talento e che, allo stesso tempo, si pone in modo onestamente reverenziale nei confronti di un’opera che, nel bene o nel male, è comunque riuscita a suo modo a passare alla storia.
Marina Pavido