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Torino Film Festival 2017: presentazione

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Tanta Italia sotto la Mole

Dopo che Alberto Barbera e il suo staff avevano fatto man bassa di pellicole made in Italy per dare forma e sostanza alla line-up della 74esima Mostra Internazionale D’Arte Cinematografica di Venezia, la maggior parte degli addetti ai lavori, noi compresi, avevamo temuto di trovare una vera e propria moria di titoli battenti bandiera tricolore nelle kermesse di prima fascia immediatamente successive. In effetti, nella rosa dei 39 film che sono andati a comporre la Selezione Ufficiale della 12esima Festa del Cinema di Roma figurava solamente Una questione privata dei fratelli Taviani. Di conseguenza, non contavamo più di tanto su un cambio di rotta in quello che sarebbe stato il programma della 35esima edizione del Torino Film Festival, a parte l’immancabile presenza delle produzioni brevi e lunghe inserite in Italiana.corti e in Italiana.doc. Poi, però, è arrivato 14 novembre, data scelta dalla direzione del festival piemontese per annunciare, con l’apposita conferenza stampa, l’intero cartellone 2017, che ha di fatto smentito i pronostici che spingevano verso una possibile scarna presenza di film italiani. In tal senso, la lettura della cartella stampa ha rivelato una nutrita compagine di pellicole nostrane, equamente distribuite nelle varie sezioni che vanno a comporre il ricchissimo palinsesto della nove giorni torinese (dal 24 novembre al 2 dicembre 2017). Ma andiamo a scoprire insieme dove i titoli in questione sono andati a trovare le rispettive collocazioni, attraverso una rapida carrellata sezione per sezione.
La precedenza va data ovviamente ai due titoli di Torino 35, ossia Blue Kids e Lorello e Brunello. Nel primo, l’esordiente Andrea Tagliaferri porta sullo schermo una fiaba nera figlia dei nostri tempi, raccontando una storia d’ordinaria immoralità. Nel secondo, invece, Jacopo Quadri firma un’elegia raffinatissima, nella quale uomini e animali si fondono e condividono la stessa “filosofia” di vita, attraverso la quale ritrovare il senso profondo dello stare al mondo. A contendere loro la vittoria finale nel palmares scelto dalla giuria internazionale presieduta dal cileno Pablo Larraìn, altri 13 titoli tra opere prime e seconde provenienti dalle diverse latitudini tra cui: Arpòn di Tomás Espinoza, un thriller sulla responsabilità, gli abusi, i sospetti sociali, limpido, serrato, dallo stile asciutto e dal ritmo sospeso, con attori che esprimono al meglio la carica repressa dei personaggi; Daphne del britannico Peter Mackie Burns, un mystery dell’anima che disegna un ritratto femminile preciso e inquieto, con un senso spiccato per la descrizione degli ambienti umani, urbani e sociali, in una Londra alienante e attraente; e A fàbrica de nada del portoghese Pedro Pinho, un ritratto del post-capitalismo che sta fra agit prop, documentario, dramma, commedia psicologica e musical.
Due sono anche i film italiani che hanno trovato posto nella sezione non competitiva After Hours, vetrina dedicata al cinema horror e dark. Il primo, diretto da Sebastiano Mauri, è l’adattamento cinematografico di Favola, lo spettacolo teatrale omonimo scritto e messo in scena da Filippo Timi che racconta la storia dell’amicizia e della complicità che lega due agiate casalinghe americane anni Cinquanta. Il secondo è un torbido musical gotico, sulla scorta del testo più feroce di Shakespeare: Riccardo va all’inferno di Roberta Torre, rilettura contemporanea di “Riccardo III”, con vendette, omicidi e intrighi in seno a una potente famiglia della periferia romana. Nella stessa sezioni gli amanti del cinema di genere potranno scegliere anche tra thriller (vedi Revenge, adrenalinico revenge movie diretto dalla francese Coralie Fargeat, con la super-eroina Matilda Lutz), zombie-movie (dal canadese Robin Aubert, Les affamés, rincorsa alla sopravvivenza dei pochi umani rimasti nelle campagne del Québec, in un’atmosfera rarefatta e tra ricordi strazianti), ghost story (The Lodgers di Brian O’Malley, sui misteriosi legami di due giovani gemelli con la maestosa e fatiscente casa di famiglia immersa nella brughiera irlandese e con le regole dettate da presenze sinistre), splatter (il Game of Death di Sébastien Landry e Laurence Morais-Lagace, dove un vecchio gioco da tavola si tramuta in una gara di sopravvivenza per sette ignari adolescenti), body horror (eccessivo, ironico, dark e sul limite del disgusto, Kuso, post-apocalittico californiano diretto da Steven Ellison, rapper celebre con il nome d’arte Flying Lotus, una rincorsa sfacciata nell’odierno caos immaginario) e il vampire movie (Tokyo Vampire Hotel, miniserie televisiva per Amazon diretta da Sion Sono con il consueto stile visionario, dove due clan di vampiri si combattono per la conquista di Tokyo, mentre la civiltà crolla, l’umanità cerca di mettersi in salvo e una ragazzina si destreggia tra i non morti).
Insomma, ce n’è per tutti i gusti, così come per l’altra sezione non competitiva denominata Festa Mobile, vetrina dove si vanno a concentrare pellicole già viste in altri festival, ma ancora inediti nel Bel Paese: dal surreale e inquietante La cordillera di Santiago Mitre al trascinante ritratto di Winston Curchill firmato da Joe Wright in Darkest Hour, dal dramma serrato Closeness (Tesnota) del ventiseienne regista russo Kantemir Balagov al nuovo thriller dedicato al mito della Frontiera da Taylor Sheridan battezzato Wind River, passando per la fantascienza distopica di Seven Sisters di Tommy Wirkola e la commedia britannica Finding Your Feet di Richard Loncraine, scelta per aprire il festival nella serata del 24 novembre. Anche qui non mancheranno le produzioni italiane: le delusioni e le nevrosi sentimentali, descritte con ironica partecipazione da Francesca Comencini in Amori che non sanno stare al mondo; le avventurose frustrazioni dei ricercatori universitari disoccupati di Smetto quando voglio – Ad honorem, terzo capitolo della saga di Sydney Sibilia; il viaggio, tenero e accorato, di due ragazzini napoletani nel cuore del Nevada e tra i segreti della galassia, in Tito e gli alieni, diretto da Paola Randi e interpretato da Valerio Mastandrea; e quello, disperato e coraggioso, di due giovani nigeriani che, scampati a una strage, cercano di raggiungere il Mediterraneo, seguito da Pasquale Scimeca in Balon.
Uno solo è invece il titolo battente bandiera tricolore presente nella sezione più sperimentale della kermesse torinese, ossia Onde, da sempre avamposto di avanguardie all’insegna della ricerca di nuove forme espressive e di linguaggi al passo con i tempi. Si tratta di Essi bruciano ancora, nel quale i registi Arturo Lavorato e Felice D’Agostino tessono una trama storica e immaginifica che tiene insieme tutti i Sud del mondo e le rivoluzioni mancate, le derive della Storia e quelle degli esodi perenni, tra archivio filmico e scena brechtiana, storiografia menzognera e antropologia visuale. A fargli compagnia tra gli altri film come: Colo di Teresa Villaverde, un’analisi intima, spietata, ma in fondo anche speranzosa, dell’impasse esistenziale e materiale della società portoghese, attraverso il disfacimento di un nucleo familiare; En attendant les barbares, nel quale Eugène Green torna a far dialogare arte e vita in una fiaba sul rapporto tra paura e libertà nel mondo contemporaneo; oppure A Window on The World, opera prima dello svedese, trapiantato negli Stati Uniti, Axel Ohman, che scompone una possibile storia d’amore sullo stordimento di una realtà ancora affacciata sul Ground Zero.
E per chiudere in bellezza al Torino Film Festival non possono mancare le retrospettive, da sempre fiore all’occhiello della kermesse piemontese. Quest’anno gli schermi delle Multisale Massimo e Reposi ospiteranno la personale completa di Brian De Palma, con un’esplorazione a 360° della sua filmografia a partire dagli esordi sulla breve distanza con Woton’s Wake e The Responsive Eye sino al più recente Passion, in attesa di vederlo all’opera nel 2018 con Domino.
A questo punto non ci resta che invitarvi a seguire per la quarta volta consecutiva la manifestazione torinese sulle nostre pagine, augurandovi una buona lettura.

Francesco Del Grosso

Riepilogo recensioni per sezione del Torino Film Festival 2017

Torino 35

Arpòn di Tomás Espinoza

Bamy di Jun Tanaka

Kiss and Cry di Chloé Mahieu e Lila Pinel

The Scope of Separation di Yue Chan

Beast di Michael Pearce

They di Anahita Ghazvinizadeh

The White Girl di Jenny Suen e Christopher Doyle

Barrage di Laura Schroeder

Daphne di Petr Mackie Burns

Don’t Forget Me di Ram Nehari

The Death of Stalin di Armando Iannucci

À Voix Haute – La Force de la Parole di Stéphane De Freitas e Ladj Ly

Lorello e Brunello di Jacopo Quadri

Festa Mobile

Un beau soleil intérieur di Claire Denis

Final Portrait di Stanley Tucci

Finding Your Feet di Richard Loncraine

Casting di Nicolas Wackerbarth

Tito e gli alieni di Paola Randi

Faithfull di Sandrine Bonnaire

La cordillera di Santiago Mitre

Amori che non sanno stare al mondo di Francesca Comencini

Seven Sisters di Tommy Wirkola

Smetto quando voglio – Ad honorem di Sydney Sibilia

Wind River di Taylor Sheridan

Closeness di Kantemir Balagov

Darkest Hour di Joe Wright

A Taxi Driver di Hoon Jang

The Man Who Invented Christmas di Bharat Nalluri

The Florida Project di Sean Baker

Mary Shelley di Haifaa Al-Mansour

After Hours

Tokyo Vampire Hotel di Sion Sono

Most Beautiful Island di Ana Asensio

The Disaster Artist di James Franco

Revenge di Coralie Fargeat

Riccardo va all’inferno di Roberta Torre

The Lodgers di Brian O’Malley

Firstborn di Aik Karapetian

Les affamés di Robin Aubert

The Cured di David Freyne

Favola di Sebastiano Mauri

Onde

Colo di Teresa Villaverde

La madre, el hijo y la abuela di Benjamin Brunet

2557 di Roderick Warich

En attendant les barbares di Eugène Green

Let the Summer Never Come Again di Alexandre Koberidze

TFF/Doc

Napalm di Claude Lanzmann

Interviste

Giannetto De Rossi

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