Marianne Faithfull è molto di più
Che una personalità come la cantante e attrice Marianne Faithfull possa suscitare l’interesse di cineasti e documentaristi, poco stupisce. Lo sa bene la regista ed attrice francese Sandrine Bonnaire, la quale non ha resistito all’idea di raccontare la straordinaria e turbolenta vita della celebre icona degli anni Sessanta e non solo. E così è nato Faithfull, personalissimo documentario presentato alla 35° edizione del Torino Film Festival – all’interno della sezione Festa Mobile – il quale punta a mostrarci una Marianne Faithfull a noi sconosciuta, ma pur sempre magnetica ed affascinante come solo lei sa essere.
E, di fatto, è proprio grazie alla forte presa sul pubblico di un personaggio come la Faithfull che questo documentario della Bonnaire funziona. Perché, purtroppo, malgrado l’evidente e sincero desiderio della regista di mettere in scena il personaggio sopracitato; malgrado, appunto, il forte interesse del tema, l’opera in questione sembra mancare di mordente e, fino alla fine, tende a rimanere piatta nella narrazione e pericolosamente priva di picchi emotivi. Ma andiamo per gradi.
Una non più giovane – ma pur sempre affascinante – Marianne Faithfull si rivolge direttamente alla regista, esprimendo le sue perplessità per quanto riguarda la realizzazione di un film sulla sua vita. La celebre cantante e attrice, a tal proposito, consiglia alla propria interlocutrice di adoperare principalmente filmati di repertorio. E così fa Sandrine Bonnaire, attingendo a piene mani dall’abbondante materiale di archivio che ci racconta il personaggio della Faithfull e che ci mostra quest’ultima sia giovanissima – agli inizi di carriera – sia con lo storico compagno Mick Jagger, sia ai giorni nostri, impegnata durante alcuni dei suoi numerosi concerti in giro per il mondo.
E, di fatto, la storia di questa giovane ragazza che inizia la propria carriera di cantante quasi per caso, ancora non pienamente consapevole del proprio talento, e che, nel corso della sua vita, si lega sentimentalmente ad una delle più influenti personalità del mondo della musica, fino ad attraversare momenti non facili dovuti principalmente alla dipendenza da droghe ed alcool, riesce indubbiamente ad appassionare il pubblico. Il merito, però, è quasi esclusivamente del tema trattato, come già detto.
L’errore commesso da Sandrine Bonnaire è, forse, quello di essersi affidata eccessivamente alla personalità di Marianne Faithfull e, soprattutto, alla gran mole di materiale su di lei. E la cosa andrebbe anche bene, se si vuol dar vita, ad esempio, ad un documentario di montaggio che lasci esclusivamente parlare i filmati di repertorio. Questo lavoro della Bonnaire, però, resta a metà strada: brevi interviste alla Faithfull si alternano ai filmati sopracitati, senza neanche azzardare cambi di ritmo o di stile mirati a creare un necessario crescendo emotivo.
Breve nella sua durata (soli sessantuno minuti), questo documentario della cineasta francese sembra, dunque, più un prodotto fine a sé stesso, realizzato esclusivamente per una visione tra pochi intimi, che un’opera destinata alla sala o, meglio ancora, ad un festival cinematografico. Peccato, dunque, essersi bruciati un tema del genere a causa della poca voglia di osare e di approfondire. Chissà cosa avrà pensato la stessa Marianne Faithfull al termine della visione.
Marina Pavido