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The Constitution

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VOTO: 7.5

Un punto d’incontro

Vejko è un insegnante di liceo che ha consacrato la sua intera esistenza allo studio della storia e della lingua croata. Abita in un trasandato appartamento nel centro di Zagabria in compagnia del padre degente, Hrvoje, un Ustascia (ufficiale dell’esercito fascista croato nella seconda guerra mondiale). L’unico svago di Vjeko è passeggiare a notte fonda per le strade vuote della città con il viso truccato e con addosso indumenti femminili. Una notte, alcuni giovani lo aggrediscono lasciandolo in strada privo di sensi. In ospedale viene riconosciuto e curato da Maya, un’infermiera che vive nel seminterrato del suo stesso edificio. Dopo averlo aiutato a tornare a casa, Maya si prende cura non solo di lui ma anche di suo padre, costretto a letto. In cambio, Vejko accetta di aiutare il marito di Maya, Ante, a preparare un esame sulla costituzione croata.
La lettura della sinossi dell’ultima fatica dietro la macchina da presa di Rajko Grlić dal titolo The Constitution, presentata in anteprima italiana nel concorso lungometraggi della 18esima edizione del Festival del Cinema Europeo di Lecce, è sufficiente a capire intorno e su cosa si basano le fondamenta drammaturgiche dello script firmato a quattro mani dal regista croato e da Ante Tomic. Script che, come avrete modo di constatare di persona con la visione, è insieme all’interpretazione corale, il punto di forza di un film che si avvale dei toni leggeri della commedia per affrontare un tema universale che è sempre e continuerà ad essere di stretta attualità e sul quale la Settima Arte, con i suoi illustri e non esponenti delle diverse latitudini, si è pronunciata un’infinità di volte. Si tratta del tema dell’accettazione e della condivisione con l’altro, di quelle che possono essere ideologie, etnie, credo e identità sessuali, diverse (vedi ad esempio il premio Oscar No Man’s Land). “Fattori”, questi, che la Storia ci insegna, possono creare distanze insanabili. Nel caso di The Constitution è l’odio razziale tra serbi e croati ciò che allontana i due protagonisti maschili del film (quello femminile, al contrario, ha il compito di azzerare le distanze). Il film di Grlić racconta il classico scontro tra posizioni opposte destinate a incontrarsi e ad avvicinarsi. Il “match” si consuma a parole in un salotto che diventa una sorta di “ring”. Tra quelle quattro mura l’odio viene spazzato via come la polvere. Meno efficace e incisivo, invece, il discorso sull’identità sessuale e sulla sua accettazione, trattate attraverso la figura di Vjeko, omosessuale che ha combattuto e che continua a combattere per farsi accettare dal padre e da chi lo circonda. Conduce una doppia vita, un po’ come il co-protagonista di Una nuova amica di François Ozon. Come lui, Vjeko ama vestirsi con abiti femminili e trova in Maya la complicità che lo spingerà a uscire dalla gabbia. Anche in questo caso, la tematica è sentita, ma non è affrontata con lo stesso approccio leggero e partecipe con il quale si vive sullo schermo il confronto etnico. Quest’ultimo è e resterà il baricentro drammaturgico del film, che rilegherà tutto il resto in una posizione secondaria.
Di conseguenza, l’originalità non può essere giocoforza un carattere distintivo e una peculiarità sul quale puntare, ma di questo Grlić siamo sicuri ne era perfettamente consapevole già all’epoca della scrittura. Dunque, a un film come The Constitution non si può e non si dovrebbe chiedere ciò che non ha mai voluto offrire, ossia un punto di vista e un approccio inedito. In virtù di questo, The Constitution non va considerata come una variazione sul tema, perché non lo è e non pretende di esserlo. La pellicola del cineasta croato è piuttosto un nuovo e piacevole capitolo sull’argomento, al quale, semmai, si può chiedere altro, ossia di affrontare il tema in questione con un’attenzione particolare nei confronti della storia e dei personaggi, oltre ovviamente nei confronti del tema. Il tutto tenendosi a larga distanza da quella morale a buon mercato che solitamente si insinua sordida e poi sempre più prepotente nella narrazione. Per fortuna, il regista balcanico e il suo compagno di scrittura hanno saputo lavorare nella direzione inversa, così da tenere lontana l’opera da quelle sabbie mobili dove moltissimi addetti ai lavori continuano a cadere, inghiottiti con ciò che hanno portato sul grande schermo. Grlić ha fatto in modo che ciò non accadesse e il merito è probabilmente della sua grande esperienza nel mondo dell’audiovisivo (ha sceneggiato e diretto svariati lungometraggi, tra cui Border Post e Josephine, venti corti e quindici documentari televisivi), che gli ha permesso di sviluppare gli anticorpi necessari per debellare le diverse minacce che si celano dietro l’angolo. Per farlo ha puntato su una storia semplice, priva di eccessive stratificazioni, che punta diritta al bersaglio senza perdere mai la bussola, fatta di personaggi tridimensionali nei confronti dei quali si può provare a entrare in sintonia e in empatia. Pochi personaggi, ma ben disegnati, ciascuno con le proprie sfumature, fragilità, paure, idee e peculiarità caratteriali.
In definitiva, ciò che ci ha conquistato di The Constitution è la sua capacità di parlare di persone vive e non di idee morte. E per questo non rappresenta sotto forma di “tragedia” la storia e i protagonisti che la animano. Al contrario, parla di quelle “cose difficili” con un’ombra di sorriso sulle labbra, con un calore e un amore che si possono provare persino per il personaggio più negativo. In questo modo, il film riesce ad arrivare indistintamente sia a coloro che la pensano diversamente e vedono le cose in modo diverso, che a quelli che odiano a priori e che sono certi che tale odio sia giusto. È l’abbattimento del muro il grande merito del film.

Francesco Del Grosso

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