Opera senza senso
Troppo spesso il cinema italiano si è ritrovato a cedere finanziamenti verso film destinati a finire presto nel dimenticatoio. L’opera prima di Gabriele De Luca, in uscita nelle sale italiane il 4 ottobre, sembra essere destinata proprio a questo epilogo.
La storia è ambientata in una Napoli rurale – periferica – dove vivono i cosiddetti “Ultimi”; criminalità, sporcizia e solitudine compongono la cornice di un appartamento di periferia dove vivono Fil (Antonio Folletto) e Charlie (Massimiliano Setti). Il primo con un passato difficile, con la madre, Lucia (Giusi Merli) vittima della sindrome del gioco d’azzardo e una rara forma di malattia che gli impedisce di uscire dall’appartamento. Il secondo un emulo di Snoop Dog, hippie e complottista, coltivatore di marjuana in un’intercapedine dello stesso appartamento. Già solo la descrizione dei personaggi lascia molto a desiderare. Nel corso della vicenda, essi saranno costantemente protagonisti di ogni tipo di disavventura che non consente loro di uscire da questo torpore oscuro dal quale sono circondati. Nel corso della proiezione appariranno anche altri personaggi, una ragazza con scarsa autostima e il padre di Fil, Annibale (Luca Zingaretti), il quale è diventata una transgender dal nome Annalisa membro di una setta votata a Gesù Cristo. Bastano solo questi pochi dati per comprendere l’immensa fantasia di De Luca, creatore di un prodotto su cui solamente Luca Barbareschi avrebbe potuto investire. Il film si muove lento, inesorabile, regalando qualche piccola smorfia di allegria o di noia a seconda del momento in cui giunge. Forse si voleva realizzare un film per consentire di comprendere le difficoltà di una vita passata sempre nell’ombra, vuota, senza momenti di estrema felicità; peccato solo che per farlo, De Luca – che è ovviamente anche sceneggiatore di questo pasticcio, tratto dalla propria opera teatrale Thanks for Vaselina – non si è appigliato a nessun valore filosofico o umanistico, relegandosi solo nel contesto sociologico in cui i personaggi vivono. Un lavoro che, ci riserviamo di dire, troviamo fuorviante e disturbante viste anche la presenza di scene al limite del ridicolo e di attimi di violenza; aggiungiamo a ciò un linguaggio scurrile tipico delle personalità ultime e il pastrocchio è completato. Francamente, guardando quest’opera, possiamo dirvi di aver visto uno spreco di preziose risorse economiche che avrebbero potuto dare alla luce un film enormemente più interessante di questo. Oltre al lato economico, si è visto anche uno spreco di bravi attori, sia giovani e anziani. Antonio Folletto, protagonista della pellicola, ci ha mostrato spesso il suo talento in opere che vanno da Capri Revolution di Mario Martone, passando per la seconda stagione di Gomorra – La serie e I Bastardi di Pizzofalcone. Troviamo difficile comprendere per quale motivo abbia accettato di lavorare in un film destinato a morire prima ancora di vedere la luce. Altra menzione la riserviamo a Luca Zingaretti; l’interprete del famosissimo Commissario Montalbano, nato dalla penna del Maestro Andrea Camilleri, è sempre stato molto selettivo sulle opere a cui partecipare. In questo prodotto, Zingaretti risulta goffo e fuori dalla realtà, in un ruolo che troviamo a dir poco assurdo se consideriamo com’è stato scritto. Persino l’idea di travestirlo da donna è ridicola e l’attore ne risente sfoderando la sua peggiore performance da quando è diventato un divo della televisione. Di solito non abbiamo mai dato giudizi affrettati o troppo diretti, ma in questa occasione consigliamo vivamente ai nostri lettori di evitare questa pellicola per non allontanarsi nuovamente dalle sale cinematografiche che già risentono molto della crisi dovuta alla mancanza di pubblico.
Stefano Berardo