Perdita di un mondo
Per un prequel il vero fulcro della narrazione non può essere il cosa, in quanto si tratta di una storia che viaggia su binari già tracciati e inevitabili. Il vero fulcro narrativo deve essere il come; il modo nel quale si seguono quei binari già tracciati e inevitabili.
Dunque la domanda è: “Come viene narrato questo The Dark Crystal: Age of Resistance?”
Il regista e produttore francese Louis Leterrier, mestierante di alto livello e notevole curriculum, ben coadiuvato dal gruppo di lavoro della Jim Henson Productions mette in opera una narrazione di ampio respiro che sfocia nell’affresco epico di un mondo oramai scomparso. È il passaggio da una mitica età dell’oro perduta al mondo odierno. Tale dimensione nobilita la narrazione evitando quel senso di scontatezza che spesso accompagna i prequels. Ci si può anche spingere fino a vedere nella serie un’allegoria della nostra contemporaneità, con tutte le tensioni e pulsioni sociali, politiche, culturali ad essa connesse.
Tale narrazione gode di una messa in scena ricca, accurata e di grande raffinatezza. Al suo centro, ovviamente, è la tecnica marionettistica messa a punto da Jim Henson, la quale viene arricchita senza essere stravolta dall’animazione digitale. Usata con accortezza e intelligenza l’animazione digitale costituisce dunque un raffinamento ed un sostegno per l’animazione delle marionette,e in fondo già il film del 1982 si servì in parte dell’animatronic.
La macchina da presa è una macchina da presa digitale, quasi videoludica, che fluttua liberamente negli spazi aumentando il senso di meraviglia.
Dalla tecnica messa a punto per uno show per bambini si è dunque sviluppato qualcosa di molto più grande e complesso ancorché particolare rispetto al resto dell’animazione mondiale. La tecnica di Henson non trova eguali o consonanze, se non, e solo parzialmente, nella scuola cecoslovacca e nel lavoro di Jiří Trinka, gigante dell’animazione a passo uno.
Il prequel (trasmesso in Italia da Netflix con il titolo Dark Crystal – La resistenza) inoltre, come forse si poteva anche immaginare, offre l’opportunità di approfondire la conoscenza degli stessi protagonisti del film originale e del loro mondo. Ciò a cui assistiamo è la presentazione di un mondo scomparso, la cui ricchezza non può che aumentare il rimpianto per la perdita, tuttavia la messa in scena di questo mondo viene tenuta in equilibrio con le necessità della narrazione, anzi, ne costituisce uno degli elementi portanti per farla procedere e darle corpo. L’aver visto il film originale concede certo un piacere più profondo nelle visione ma è possibile godere pienamente della serie anche senza aver visto il film.
Quest’opera luculliana finisce per catturare completamente lo spettatore e trasportarlo in un mondo fantastico e altro nel quale perdersi e dal quale ritornare solo per poter caricare un nuovo episodio e ripartire con ancora più entusiasmo e meraviglia. Degna erede del film di Henson non questa serie non ne fa rimpiangere il lavoro originale nemmeno per nemmeno un secondo.
Luca Bovio