Socialmente pericoloso
Chissà perché molto spesso il cinema che vuole affrontare l’argomento omosessualità o comunque LGBTQIA+ sposta indietro le lancette dell’orologio, ambientando le varie pellicole tra gli anni settanta e ottanta. Forse la classica nostalgia canaglia; magari un tentativo di rapportare, in materia, la realtà di allora a quella di oggi. Passi avanti a livello globale? Pochini, purtroppo. Omettendo di addentrarci nei discorsi in quella che è la tristissima situazione italiana.
Tale preambolo solo per ribadire come anche questo Te estoy amando locamente di Alejandro Marin – vincitore del Premio del Pubblico alla diciassettesima edizione de La Nueva Ola – Festival del Cinema Spagnolo e Latinoamericano – finisca per nutrirsi di un immaginario predigerito, non apportando alcun elemento nuovo ad una causa di sacrosanta importanza dal punto di vista socio-politico. Quindi un brutto lungometraggio? Tutt’altro. Poiché di storie realmente accadute e di umanità non finiremo mai di averne bisogno, anche se non escono dallo stereotipo del sottogenere suddetto.
Siamo a Siviglia, in Andalusia, nel 1977. La Spagna fatica a liberarsi dalle ceneri del franchismo. I movimenti per la liberazione sessuale, agli albori, chiedono maggiore libertà. Parallelamente il diciasettenne Miguel scopre il suo reale orientamento. Per l’ossessivo/possessiva madre Remedios (detta Reme) è un duro colpo. Le cose saranno destinate a peggiorare quando Miguel verrà arrestato – colto in abiti femminili – con l’accusa di essere persona “socialmente pericolosa” per la comunità. Da ciò, probabilmente, si comprende meglio come la Spagna, partendo da posizioni di assoluta retroguardia, sia il paese che abbia compiuto i maggiori passi avanti nel campo dei diritti.
Molti sottotesti di Te estoy amando locamente potrebbero apparire scontati. In primis il rapporto madre/figlio. Che invece, pur nella propria prevedibile evoluzione, riesce a coinvolgere empaticamente grazie alla pulizia sentimentale con cui viene trattato. Alejandro Marin (anche sceneggiatore con Carmen Garrido Vacas) è sufficientemente abile nel gestire i cambi di tono presenti nel suo film. Da una partenza coloratissima in pieno stile almodovariano – i riferimenti al grande Pedro si fermano qui, purtroppo – l’aura da commedia si stempera prima nell’angoscia di una madre “conservatrice” presa del tutto alla sprovvista dagli eventi; poi scivola nel dramma allorché emerge in tutta la sua prepotenza il rapporto malato che le istituzioni hanno con il cosiddetto diverso. Questo è il punto focale di Te estoy amando locamente: scelte assolutamente personali che cozzano duramente con ciò che le leggi si arrogano; ovvero decisioni su cosa debba essere considerato il “bene comune”. Retaggi dalla dittatura che possono essere combattuti solo con le proteste di una minoranza che può, in ogni momento, divenire maggioranza.
La grande lezione morale di Te estoy amando locamente è racchiusa in quest’assunto: da soli si fugge sconfitti; con gli altri la vittoria risulta possibile. Un assunto semplice semplice servito in tavola da Alejandro Marin e dal suo cast all’altezza, in cui spicca la bravissima Ana Wagener (Reme), già vista ed ammirata ne Il regno (2018) di Rodrigo Sorogoyen.
Si può certo accusare Te estoy amando locamente, se non di totale inutilità, quanto meno di arrivo fuori tempo massimo. Al contrario mettere in scena storie di vita vissuta, con qualsivoglia modalità stilistiche si scelga, rappresenterà sempre un tassello in più nel bagaglio di conoscenza da parte di ogni spettatore. Soprattutto in caso di argomento che, c’è da temere, resterà in eterno piuttosto controverso.
Daniele De Angelis