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Figli del sole

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VOTO: 6.5

Caccia al tesoro

Quando pensiamo al mondo dell’infanzia raccontato all’interno di una cinematografia ora cruda, ora meravigliosamente poetica e sorprendente come quella iraniana, impossibile non pensare al cinema del compianto Abbas Kiarostami. E se i suoi film ancora oggi – a distanza di molti anni dalla loro realizzazione – ci appaiono ancora così giovani e attuali, è anche vero che gli stessi continuano a influenzare – nel bene o nel male – molti altri cineasti suoi connazionali o – addirittura – manifestazioni cinematografiche di tutto il mondo nel momento in cui si trovano nella situazione di dover selezionare dei film.

In molti, dunque, avranno inevitabilmente pensato a lui nel momento in cui è stato inserito all’interno del Concorso della 77° Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia Sun Children (in originale Khorshid, mentre per l’uscita italiana il titolo sarà Figli del Sole), per la regia di Majid Majidi. Un film, il presente, che tratta una questione spinosa come quella del lavoro minorile in Iran e che, nonostante una confezione complessivamente graziosa, nonostante un protagonista – il giovane Ali Nasirian – che funziona alla perfezione, si discosta, tuttavia, fortemente dal cinema di Kiarostami stesso, mantenendo un approccio registico ibrido, che si situa quasi a metà strada tra quello dell’Europa mediorientale e (ed è forse questa la sua pecca maggiore) quello statunitense.
Ali, dunque, ha dodici anni. Al fine di poter mantenere sé stesso e sua madre – rinchiusa in un ospedale psichiatrico – è costretto a lavorare. Un giorno, tuttavia, il suo datore di lavoro gli rivelerà che al termine di un condotto sotterraneo che arriva fin sotto il cimitero, si trova un tesoro nascosto. Il ragazzo, dunque, insieme ai suoi amici, deciderà di iniziare a scavare partendo da un condotto accessibile soltanto dalla cantina di una scuola che si occupa dell’istruzione di ragazzi disagiati. Al fine di accedere a tale condotto, Ali vi si iscriverà e davanti a lui si presenteranno numerose altre strade. Sarà il caso, dunque, di abbandonare i suoi intenti iniziali?
La questione, come ben si può intuire, non è poi così semplice. Il lungometraggio di Majid Majidi, invece, lo è, forse, fin troppo, se lo si pensa nell’ottica di un film in corsa per il Leone d’Oro. Perché, di fatto, se nel seguire le vicende e le disavventure del giovane Ali ci viene in mente – a tratti – un vero e proprio cult che è I Goonies, nonostante le polemiche contenute al suo interno, questo lavoro di Majid Majidi, purtroppo, non decolla. O, meglio ancora, risulta sì ben impostato, si non deprecabile nella sua resa finale, ma anche, purtroppo, piccolo piccolo, con soltanto sporadici guizzi al proprio interno, dove poliziotti spietati rasano i capelli a zero alle bambine e teneri sogni infantili vengono dolorosamente infranti.
Sarebbe ingiusto, nel complesso, dire che un lavoro come il presente Sun Children, in realtà, non funzioni. Più appropriato, invece, affermare che il contesto in cui è stato presentato non gli rende giustizia e che, in situazioni come il Giffoni Film Festival o la sezione Generation del Festival di Berlino, avrebbe trovato finalmente il suo posto nel mondo festivaliero.
Ma tant’è. Probabilmente, date le premesse, alla fine dei giochi Majid Majidi non porterà molto a casa, se non, forse, un meritato Premio Marcello Mastroianni per il giovane Ali Nasirian. Questa potrebbe essere una vittoria che metterebbe d’accordo davvero tutti.

Marina Pavido

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