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Nowhere Special – Una storia d’amore

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VOTO: 6.5

La difficile scelta di un padre

Se si leggesse la scarna trama di presentazione di Nowhere Special – Una storia d’amore (Nowhere Special, 2020) di Uberto Pasolini, si potrebbe benissimo pensare che si tratti di una di quelle usuali pellicole mielose e strappalacrime, tipo Il campione (The Champ, 1979) di Franco Zeffirelli. E anche il sottotitolo aggiunto dalla distribuzione italiana, sebbene rispecchi l’aspetto cardine della storia, ovvero quel formidabile sentimento d’unione tra padre e figlio, potrebbe essere abbastanza fuorviante, perché fa pensare a una semplice storia d’amore. Certamente la vicenda, tratta da una storia vera, potrà suscitare qualche lacrima, anche in quegli spettatori poco propensi a cedere al dramma, ma il pregio che l’autore Pasolini ha saputo infondere al film, che è stato presentato nella sezione Orizzonti della 77º Mostra del Cinema di Venezia, è quello di non scadere in facili e scontate soluzioni narrative, e nemmeno di cercare banali escamotage visivi. Il dramma c’è tutto, ma è raccontato con uno stile asciutto, che rasenta la pudicizia.

In un certo qual modo è difficile scrivere la recensione di Nowhere Special, perché la pellicola, sceneggiata dallo stesso Uberto Pasolini, racconta la storia di John (James Norton) e del suo piccolo figlio Michael (Daniel Lamont) passo a passo, svelando lentamente la triste vicenda che sta dietro a questi due personaggi, legati da un rapporto formidabile. Pertanto, nel descrivere l’opera mettendo in evidenza le qualità, si potrebbe privare il lettore, probabile spettatore, della morigerata narrazione. Quel che certo è che Pasolini ha scelto un tema delicato, da qualche anno sempre più attuale, e soprattutto scivoloso, per le motivazioni stilistiche antecedentemente appuntate. Prendendo spunto da quella vicenda realmente accaduta, l’autore non vuole dare nessuna risposta certa, e nemmeno creare una discussione intorno al problema, ma semplicemente raccontare la storia di un individuo qualunque (John è un semplice lavavetri), e mostrare come la scelta che deve fare sia molto complessa e frustrante. Il necessario pellegrinare di John (assieme a Michael) di famiglia in famiglia, permette di vedere le differenti tipologie di nuclei famigliari, con le loro accortezze esteriori e con i loro difetti, sovente grotteschi. E nelle conversazioni tra John e gli altri, per conoscersi meglio e che cominciano con semplici informazioni, affiorano sempre discorsi più alti che sconfinano nell’esistenziale. Nowhere Special è un film aderente alla realtà quotidiana, come il già precedente Still Life (2013), e questo si scorge già dalla messa in scena di Pasolini che, coadiuvato dal direttore della fotografia Marius Pandus, crea scene limpide, senza arzigogoli. Non sarebbe totalmente errato dire, visto che l’autore decide di seguire il protagonista con puntiglio, facendo vedere anche piccole cose (ad esempio John che scruta, prima di apprestarsi a lavorare, dentro una finestra dove c’è un bambino che gioca), che Nowhere Special recupera quell’idea di pedinamento teorizzata da Cesare Zavattini.

Roberto Baldassarre

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