Le finestre di fronte
Indipendentemente da come andrà nelle sale, laddove uscirà il 14 novembre con Europictures, Stranger Eyes – Sguardi nascosti e colui che lo ha scritto e diretto, ossia Yeo Siew Hua, una bella soddisfazione se la sono già tolta. Il film in questione è stato il primo battente bandiera di Singapore ad approdare in concorso alla Mostra Internazionale D’Arte Cinematografica di Venezia, per l’esattezza lo scorso settembre durante l’81esima edizione. Il cineasta classe 1985 del resto è abbonato alle prime volte. Sua è infatti anche la pellicola che per la prima volta si è affacciata nella competizione di un’altra prestigiosa kermesse europea, vale a dire quella di Locarno, dove tra l’altro ha anche centrato il bersaglio grosso portandosi a casa il Pardo d’Oro con il noir A Land Imagined. Coincidenza vuole che entrambe le opere girino intorno a una misteriosa scomparsa che ne innesca il motore narrativo e drammaturgico.
Se nel film del 2018 si assiste all’indagine sulla sparizione di un operaio edile di origini cinesi presso un’area di recupero, in questa nuova fatica dietro la macchina da presa il regista l’attenzione si sposta sulla scomparsa di una bambina di nome Bo da un parco di Singapore, dove la famiglia risiede. A nulla valgono i tentativi iniziali di indagine sul rapimento da parte della polizia, con i genitori rimangono in un limbo per settimane. Un giorno però ricevono a casa il primo di una serie di DVD con dei filmati che li ritraggono, anche nei loro momenti più intimi. Uno stalker li sorveglia, e per giunta le sue immagini rischiano di compromettere il rapporto della coppia portando alla luce i segreti di ciascuno.
Assonanza e coincidenze a parte, una volta letta la sinossi di Stranger Eyes la mente non può non andare a Niente da nascondere o a Sliver, piuttosto che La finestra sul cortile e L’occhio che uccide, questo perché tra le ossessione della Settima Arte e di molti esponenti del cinema di genere c’è sempre stato l’atto di farci sentire osservati e, allo stesso tempo, del metterci nei panni di chi osserva. Posizioni, queste, che hanno e continuano ad avere un certo fascino sul fruitore, specialmente nell’epoca del Grande Fratello, dei social e della cultura di sorveglianza costante. Se poi la vicenda di turno è ambientata in un piccolo stato insulare come Singapore, dove non c’è via d’uscita dalla rete di sorveglianza, osservare ed essere osservati diventa un rituale quotidiano. Con un’elevata densità di popolazione e una sorveglianza pervasiva, il moderno paesaggio urbano ci trasforma in testimoni involontari delle vite degli altri, con tutte le conseguenze del caso. Pro e contro che come avremo modo di vedere saranno perfettamente in equilibrio e determinanti in un film che attraverso un continuo switch tra il guardare e l’essere guardati, tra un punto di vista e un altro, vuole riflettere e far riflettere sulle suddette tematiche, così attuali e strettamente connesse alle preoccupazioni sulle libertà individuali e alle discussioni sulle responsabilità sociali.
Nel suo terzo lungometraggio, Yeo Siew Hua intreccia il destino dei protagonisti, tra cui spicca un redivivo ed efficacissimo Lee Kang-sheng (l’attore feticcio Tsai Ming-liang) nei panni dello stalker, per dare vita a un inquietante e angosciante thriller che gioca ancora una volta, come nel precedente A Land Imagined, con i codici del genere di riferimento e dei suoi derivati. Mano a mano che si scivola nella sfera più intima della coppia e vengono a galla le verità inconfessabili la temperatura si fa sempre più alta e morbosa, dirottando il racconto verso altri lidi. Il ché conferisce alla fruizione un elevato tasso di coinvolgimento nei confronti degli eventi, smorzata purtroppo da una durata della timeline eccessiva rispetto alle reali esigenze del plot. Il ritmo lento e i tempi dilatati sono inizialmente funzionali al mood di una storia disperata di ricerca e sospetto, ma è quando la ricerca termina e si cambia pelle per passare allo step successivo che il suddetto modus operandi diventa un peso. Le parti fanno quindi fatica a coesistere in un film a due facce, con la prima decisamente più solida ed efficace di una seconda nella quale l’autore divaga e sfianca lo spettatore.
Francesco Del Grosso