Che fine ha fatto Wang?
Lo scorso 11 agosto calava il sipario sulla 71esima edizione del Festival di Locarno, l’ultima sotto la direzione artistica di Carlo Chatrian passato alla guida della Berlinale, con il Pardo d’Oro finito nelle mani di Yeo Siew Hua per la sua opera seconda dal titolo A Land Imagined, primo film battente bandiera singaporiana ad approdare in concorso nella storia della kermesse svizzera e a centrare il bersaglio più grosso. Motivo in più, questo, che ci ha convinto a recuperarlo in occasione dell’apertura delle giornate milanesi de Le vie del cinema.
La pellicola firmata da Yeo Siew Hua, che ha nel suo DNA produttivo qualche gene nostrano legato al contributo in fase di sviluppo del TorinoFilmLab, porta sul grande schermo la vicenda di Wang, un solitario operaio edile proveniente dalla Cina, che sviluppa un’amicizia virtuale con un misterioso giocatore, ma dopo un po’ scompare nei pressi di un’area di recupero a Singapore. Per evitare scandali politici tra le due nazioni asiatiche, le autorità locali decidono di comune accordo di affidare il caso al detective Lok che si mette segretamente sulle tracce dell’operaio.
In A Land Imagined i codici del cinema di genere noir e poliziesco si fanno portatori di temi di scottante attualità come il caporalato e l’immigrazione clandestina. Ma il tutto serve in primis al giovane regista asiatico, già autore dell’interessante opera prima In the House of Straw, per scavare in profondità nella società della sua madrepatria, quest’ultima impegnata in un complesso processo di trasformazione. Il film prova a suo modo a mostrarne gli effetti, alcuni dei quali mascherati da aperture, ma in realtà causa di una pericolosa deriva morale e di una perdita d’identità. E al di sotto della superficie più evidente dell’epidermide del racconto si palesano stratificazioni che chiamano all’appello temi come la solitudine, il sogno e la realtà. Il tutto vive e convive in una timeline non lineare, nella quale i piani temporali del presente (l’indagine di Lok) e quelli del passato (gli eventi che hanno portato alla misteriosa scomparsa di Wang) si alternano per poi entrare in rotta di collisione e intrecciarsi in prossimità degli ultimi fotogrammi. Racconto che subisce però dei momenti di stanca e di flessione per quanto concerne il ritmo e la tensione, a fronte di altrettanti dove l’impatto emotivo rialza prontamente la temperatura (vedi la fuga dal dormitorio e la scene drammatica della spiaggia).
A Land Imagined è un’odissea metropolitana immersa nel buio della notte, con le luci onnipresenti dei neon chiamate ad aprire degli squarci di luce nella storia. La mente ritorna per analogie a Police di Maurice Pialat e alle atmosfere di Millennium Mambo di Hou Hsiao-hsien. La messa in quadro è il frutto di un’estetica ricercata che non risulta mai fine a se stessa, ma diventa un contributo importante per la narrazione e per la formazione di uno sguardo livido e sofferente su personaggi dolenti, qui affidati ad attori di provenienza diversa e di indubbia bravura come Liu Xiaoyi e Peter Yu.
Francesco Del Grosso