La ‘normalità’ di una leggenda
Cominciamo subito con una puntualizzazione essenziale: Speravo de morì prima – La serie su Francesco Totti non è solo per i romanisti, non è solo per gli appassionati di calcio, ma verrebbe da dire, quasi, che è per chi ama le storie di vita vissuta fino all’ultimo momento in cui ce la si può giocare – in questo caso – in campo.
La dramedy in sei episodi targata Sky Original e tratta da “Un capitano” di Francesco Totti e Paolo Condò (edito da Rizzoli Libri S.p.A.) può riuscire a coinvolgere anche le persone romantiche – a breve capirete perché – per cui il consiglio spassionato che possiamo fornirvi è di non approcciarvi con alcun pregiudizio perché questo atteggiamento vi porterà a farvi coinvolgere.
Speravo de morì prima: la sinossi ufficiale
L’ultimo anno e mezzo di carriera di Francesco Totti. Tra presente e passato, pubblico e privato, Speravo de morì prima ripercorre serissimamente, ma col tono della commedia, i diciotto mesi che vanno dal ritorno di Luciano Spalletti sulla panchina della Roma al più struggente addio al pallone della storia del calcio.
Un anno e mezzo di guerra contro due avversari che non fanno sconti neppure a Francesco Totti: il tempo e l’allenatore. Una guerra che divide una città e la comunità calcistica. Una guerra combattuta con passione e tormento da un calciatore che non vuole e soprattutto non riesce a mettere la parola fine a una carriera da sogno, tutta vissuta indossando sempre e solo una maglia.
Riflessioni sulla serie su Francesco Totti
In parte come il doc diretto da Alex Infascelli Mi chiamo Francesco Totti (Nastro d’Argento 2021 per il Cinema del reale. Il film, inoltre, ha ricevuto «nel palmarès dei Nastri anche il Premio per il protagonista dell’anno, ovviamente Francesco Totti che ha messo in campo, oltre il pallone, la sua immagine, la sua vicenda umana e professionale e le sue emozioni più intime», dalla nota ufficiale), questo progetto ha la capacità di com-muovere e, parallelamente, strappare risate per quell’humor insito nell’uomo, che ben si è sposato con la donna di cui si è innamorato a prima vista vedendola sullo schermo. Lungi da noi spoilerare nulla perché davvero c’è tanto da scoprire oltre l’immagine e il ruolo del Capitano. Ognuno dei sei episodi (abbiamo avuto modo di vederne alcuni in anteprima) presenta la giusta durata sia nell’ottica di un ritmo narrativo che ti tiene incollato, trasmettendo ora leggerezza, ora provando (in primis con lui) la frustrazione e il disincanto di voler continuare a correre e tirare il pallone, ma si trova a fare i conti con l’età (e le regole del gioco dello sport) e con un ‘duello’ al ritorno di Spalletti che lo spiazza. Inoltre, sul piano drammaturgico, si intrecciano i piani temporali con grande fluidità, comunicando, a volte, persino la chiusura del cerchio.
È importante osservare le leggende anche nel proprio privato, per ciò che generosamente vogliono condividere, non per ridimensionarle, ma per comprendere quanto alcuni aspetti del loro carattere possano essere vicini a noi più di quanto immaginiamo. Speravo de morì prima è una serie che permette di scoprire anche una Ilary Blasi diversa da quella che siamo soliti vedere sullo schermo e il merito va sì alla sceneggiatura (sempre ispirata agli originali), ma poi chi fa vivere quelle pagine scritte nero su bianco sono gli attori. Greta Scarano dimostra un talento naturale nell’attraversare i vari registri, veste i panni di Ilary senza imitarla, ma avvicinandola a noi – è innegabile la somiglianza a cui arriva, tanto più in alcuni momenti.
Il suo taglio degli occhi così come un sorriso profondamente spontaneo fanno innamorare Francesco, che ‘non sa parlar d’amore’, però prova a farlo con tutto se stesso. Lei gli è accanto come donna e madre dei suoi figli, esprimendo forza, determinazione e orgoglio quando, dall’altro lato, lui fa i conti con le fragilità. Si compensano e questo non vuol dire favola né idillio, è la vita quando si incontrano due anime affini, che possono anche arrivare a discutere per poi ritrovarsi. Lei lascia spazio a lui di riflettere, prendersi i propri tempi e in questo fanno desiderare al pubblico la complicità. Non sono inarrivabili, sono tangibili, come tangibili sono le persone che gli gravitano attorno. Poi – ammettiamo – alcune scene fuori dalla portata di tutti ci sono e immaginiamo che lo spettatore ringrazierà anche per questo… in fondo è vita vera, però di una leggenda che, da uomo, desiderava scegliere lui quando mettere il punto.
L’incontro stampa su Speravo de morì prima
IL VIDEOMESSAGGIO DI FRANCESCO TOTTI
Il videomessaggio dell’ ‘Ottavo Re di Roma’ per la conferenza stampa di presentazione del progetto rivela ancora una volta due qualità di quest’uomo: coerenza e spontaneità: «Volevo ringraziare tutti i ragazzi che hanno partecipato alla serie, in particolare Pietro perché ha un ruolo molto difficile, ha cercato di far emergere quello che sono realmente e mi ha permesso di scoprire delle parti di me che non conoscevo».
LE TESTIMONIANZE DEL CAST PRINCIPALE
Pietro Castellitto: «La sfida consisteva nel riuscire a creare una ‘maschera’ che lo ricordasse ed evocasse, ma che allo stesso tempo lo stupisse. Ho passato la maggior parte delle domeniche della mia vita su queste seggioline blu all’Olimpico a vedere le partite della Roma, ma non avevo mai avuto modo di conoscere Totti anche se sono cresciuto con il suo poster in camera – ero piccolo e guardavo lui che era un uomo, avere occasione di incarnarlo è stato uno scherzo del destino; ma ne è avvenuto un altro durante le riprese. Dopo 15 anni, ho ritrovato un diario che avevo scritto a 9 anni in cui il capitolo più lungo era dedicato proprio al Capitano. [Legge ciò che scrisse allora] Non vi ho detto una cosa: io faccio la collezione delle figurine Panini, con tutte le squadre italiane dalla Serie A alla serie C3. Io sono della Roma e per mia magica fortuna nel mio primo pacchetto che ho aperto ho trovato il mitico ed unico Francesco con la e Totti. Il grande gladiatore giallorosso, il mitico – e ripeto – unico sublime capitano della Roma. Mi ricordo che proprio in questo campionato ha fatto – senza h – un gol contro il Brescia su punizione veramente bellissimo, l’arbitro ha posizionato la palla sul punto dove si era eseguito il fallo, ha fischiato e Totti con una divina rincorsa, colpì la palla d’interno punta facendola viaggiare a una velocità costante e dopo circa 4 secondi la palla era lì, sotto gli incroci. Appena l’arbitro fischiò il gol Totti era sotto la curva ad esultare. Insomma Totti è un qualcosa che l’umanità neanche se ci prova riesce ad inventare, Totti è qualcosa che per i laziali è un sogno da costruire, Totti è come l’inchiostro per la penna, come le radici di un albero, come la camera d’aria di un pallone – e qui segue uno dei migliori sillogismi della logica occidentale. Se la camera d’aria non c’è, il pallone non c’è e se Totti non c’è, la camera d’aria non c’è e non c’è neanche il pallone e se il pallone non c’è il calcio non c’è, quindi il calcio non è calcio se Totti non c’è.
Nel momento in cui l’ho incontrato per la prima volta ho scoperto un uomo incredibilmente loquace, consapevole di essere un esempio per tanti e che fa di tutto per metterti a tuo agio. È una persona libera e, se si creano le condizioni, si diverte con te. Abbiamo lavorato nel riportare la sua essenza ironica. Forse, mai come questa volta, ho percepito così tanto una crescita sul piano attoriale e devo dire grazie a Luca e al cast. Credo che tutti i tifosi si possano riconoscere in lui perché è un archetipo, è una rete di salvataggio a prescindere dall’averlo seguito nel corso della carriera o dalla squadra per cui si tifa». Con tenerezza ci ha tenuto ad aggiungere: «Volevo che Francesco e Ilary vedessero la serie per conto proprio, così da non essere influenzati; ma dopo il primo episodio hanno voluto condividere la visione con noi e mi sono sembrati molto emozionati e partecipi».
Greta Scarano: «Non sono una grande appassionata di calcio, ma quando Totti ha giocato la sua ultima partita è stato un momento struggente anche per me. Sono arrivata all’interno di questo progetto quando la macchina era già abbastanza rodata e ho trovato un gruppo pazzesco, mi sono chiesta come si potesse raccontare una storia così importante e ho sentito che c’era del materiale incredibile per me e per tutti gli altri interpreti. La cosa interessante è stata stare accanto a Pietro che ha raccontato questo personaggio mitico con una grazia pazzesca, abbiamo provato a mettere in scena questo rapporto con Ilary così solido, nonostante le difficoltà. Un grande amore che mi piace vedere come simile – anche se diverso – a quello che Francesco prova per la Roma.
Chiedere a un uomo, all’apice della propria carriera e della sua evoluzione personale, di andare via da un mondo che lo ha reso quello che è, l’ho vissuto come un dramma shakesperiano. Per quanto mi riguarda è stato eccezionale interpretare la donna che sta accanto a lui in un momento così complesso. Nonostante si tratti di figure pubbliche anche un po’ iconografiche, molto pop, ho ravvisato in Ilary la normalità di una donna che è madre e moglie – proprio la forza della loro relazione li ha fatti rimanere due persone normali ed è la ragione per cui stanno ancora insieme».
Monica Guerritore: «Se uniamo le immagini di Roma con quelle della madre ricaviamo la figura di Fiorella. Da qui sono partita per riempire il personaggio di carne, di cuore, di passione, di forza. È una donna capace di stare accanto a suo figlio, di individuarne la seconda nascita intesa come il talento e di sostenerlo con tutto il coraggio e l’amore che può avere una mamma. La scelta della produzione e del regista di affidare a me il ruolo di Fiorella è stato l’omaggio più grande che si possa dare a un’attrice che arriva dal teatro: questa è la dimostrazione che siamo in grado di seguire le indicazioni che ci vengono date anche in un contesto differente da quello in cui siamo abituati a lavorare.
Sono contenta di aver preso parte a questa serie: un viaggio all’interno di una famiglia normale, romana, che sta accanto al proprio figlio e che soffre nel vederlo devastato per quello che gli sta accadendo nell’ultimo periodo della sua carriera. Per rendere l’idea mi viene in mente una frase del poeta Cesare Pascarella: ‘er core me s’è aperto come ‘no sportello’».
L’attrice ha specificato che ha avuto la possibilità di vedere alcune cose fuori scena di Fiorella, ma non l’ha incontrata. «L’ho costruita con la mia immaginazione e con un grande amore nei confronti di una donna del popolo che ama suo figlio, ma anche Cassano, tanto che lo ospita nella loro casa in quanto vive da solo a Roma».
Giorgio Colangeli: «Enzo Totti è un personaggio tipicamente romano, il classico marito e padre apparentemente assente, in qualche caso anche sostanzialmente assente, ma che ha una propria presenza fatta di silenzi, ascolto e attenzioni. Si riserva qualche battuta nella pausa che gli viene concessa da Fiorella, la quale è una donna straripante.
Ho apprezzato la normalità che i genitori di Totti gli hanno dato – questo gli ha permesso di salvarsi e di reggere una vita anche complessa dopo essere diventato l’idolo di una città intera. Sono allo stesso tempo convinto che la famiglia si sarebbe comportata in egual modo anche se avesse fatto l’impiegato al catasto.
Entrando all’Olimpico e immaginando la gente che grida il tuo nome mi sono chiesto come si riesca a rimanere ‘normali’: è possibile quando anche il tuo privato e il tuo mondo affettivo, sia quello da cui vieni che quello che formi, è un punto di riferimento solido. La costruzione della normalità che abbiamo delineato noi attori è meno remota di quanto si possa pensare, si è scelto di non raccontare l’agiografia di un campione, bensì di focalizzare tutto sulla sofferenza provocata dell’abbandono. È una serie ricca di tante emozioni come ad esempio quando Enzo e Fiorella sono a casa e sanno che Francesco sta giocando l’ultima partita della sua carriera».
Gian Marco Tognazzi: «Ho tentato di trovare un filo conduttore e l’ho identificato nel disagio non solo di Spalletti, ma anche della società, di Totti e del gruppo nel dover gestire una serie di situazioni così come il filo di un racconto che si era interrotto anni prima bruscamente. Non mi piaceva l’idea di raffigurare l’antagonista, il cattivo e ho approfondito il credo calcistico di Spalletti che si basa sul gruppo. Ho voluto lavorare sul non detto perché la cosa fondamentale sono i rapporti interpersonali e, infatti, la relazione tra i due è costruita sugli sguardi, su tutto quello che non si sono detti nel passaggio tra la prima esperienza d’allenatore in cui, anche andando contro il suo credo di puntare sul gruppo, lo aveva messo al centro, e la seconda che ha poi portato al suo addio.
È stata un’esperienza professionale straordinaria. Non importa quanto si assomiglia fisicamente a questi personaggi; bisogna trovarne l’anima, il ritmo e prendersi la responsabilità di raccontarne la storia, che viene affrontata con grande rispetto e attenzione. Penso che il fatto che Totti abbia deciso di svelare la propria vita privata in un libro e poi in una serie sia un gesto grandissimo fatto nei confronti del proprio pubblico».
LA PAROLA AL REGISTA LUCA RIBUOLI
«Ho subito sentito la responsabilità di realizzare questo progetto. Siamo partiti da una base di scrittura altissima e il gruppo di lavoro mi ha trasmesso immediatamente tranquillità, a cominciare dallo sceneggiatore Stefano Bises (showrunner della serie, ha lavorato insieme a Michele Astori e Maurizio Careddu, nda) e dal cast. Ogni interprete ha fatto un lavoro per conto proprio sul personaggio che sarebbe andato a incarnare, che si è rivelato poi prezioso».
LE DICHIARAZIONI DI N. MACCANICO, M. GIANANI E V. VALSECCHI
L’Executive Vice President Programming Sky Italia Nicola Maccanico: «Abbiamo dovuto decidere come fare questa serie e abbiamo scelto di prendere una parte di vita di Totti da cui emerge il suo lato più privato e umano, che è altrettanto interessante rispetto alla dimensione pubblica all’interno del suo percorso, e lo abbiamo trattato in modo pop, leggero».
Il CEO Wildside (società del gruppo Fremantle) Mario Gianani: «Non è stato facile raccontare una storia contemporanea, talmente fresca ma già scolpita nell’immaginario collettivo. Abbiamo costruito una squadra di lavoro importante e questo ci ha permesso anche di divertirci. Pietro Castellitto ha avuto un coraggio incredibile ed è stato un partner pazzesco. Il risultato è quello che speravo all’inizio».
La fondatrice di Capri Entertainment Virginia Valsecchi: «Per noi è stata una partita non facile, proprio perché abbiamo provato a raccontare un mito così vicino a noi come Francesco Totti. Avevamo già co-prodotto il documentario di Infascelli (con Wildside, FremantleMedia Italia, The Apartment; in collaborazione con Rai Cinema, Vision Distribution, Sky Italia, Amazon Prime Video, nda) ma dovevamo trovare una via alternativa e nella serie abbiamo scardinato le regole del gioco intrecciando diversi generi: c’è un po’ di drama, di romance, di epica sportiva, di commedia perché la vita è tutto questo; ma soprattutto, è stato importante, ancor più in questo periodo storico, portare in scena personaggi positivi e carismatici capaci di essere una guida in cui i giovani possano riconoscersi».
Il cast per intero
Oltre ai protagonisti intervenuti in conferenza stampa, completano il cast Primo Reggiani (Giancarlo Pantano, amico storico del Capitano), Alessandro Bardani (Angelo Marrozzini, suo cugino). Gabriel Montesi e Marco Rossetti interpretano rispettivamente Antonio Cassano e Daniele De Rossi. Massimo De Santis è Vito Scala, il suo assistente personale e preparatore atletico. Eugenia Costantini e Federico Tocci vestono i panni dei genitori di Totti da giovani.
«È nato calciatore, è cresciuto mito, è diventato leggenda».
Non perdetevi Speravo de morì prima – è per tutti – dal 19 marzo alle 21.15 su SKY ATLANTIC e in streaming su NOW, oltre a essere disponibile anche on demand e anche in 4K HDR con Sky Q satellite.
Maria Lucia Tangorra