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Sister

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VOTO: 7.5

Le bugie hanno le gambe corte

Le bugie hanno le gambe corte come ci ricorda un antico detto popolare, ne sa qualcosa la protagonista di Sister di Svetla Tsotsorkova, presentato nel concorso lungometraggi della 21esima edizione del Festival del Cinema Europeo di Lecce, laddove si è aggiudicato il Premio Speciale della Giuria ex aequo con Lara di Jan-Ole Gerster. Un riconoscimento che, seppur condiviso con la pellicola del collega tedesco, sottolinea i meriti di una regista che ribadisce la sua bravura nel descrivere nuclei familiari profondamente condizionati dall’ambiente in cui vivono. Così era stato per Thirst, nella quale raccontava la vita di una coppia e del figlio adolescente che lavorano su una collina dove lavano la biancheria per gli hotel dei dintorni, malgrado le difficoltà causate dall’irregolare fornitura d’acqua, e così è stato in questa opera seconda di indubbio valore.
In Sister, l’autrice è tornata infatti negli stessi luoghi che avevano fatto da cornice agli eventi narrati nel film d’esordio, una piccola cittadina nella Bulgaria dei giorni nostri, per raccontare un dramma domestico incentrato sulla lotta quotidiana per la sopravvivenza di una madre e delle sue due figlie. Quella minore, sognatrice e distratta, inventa spesso delle storie per rendere la vita più interessante. Senza volerlo, finisce però per rimanere intrappolata nelle sue stesse bugie e distruggere il mondo ordinato e materialistico della sorella maggiore. Mentre si battono per arrivare alla verità, le due sorelle scoprono quella relativa alla loro madre. Una verità difficile da mandare giù.
La Tsotsorkova dipinge un ritratto casalingo che attinge al suo vissuto, quello di una adolescente cresciuta dalla nonna in un paesino sul monte Strandzha, nella parte sudorientale della Bulgaria. La vita lì era noiosa, ingabbiata tra il vigneto, l’orto e un asino di cui prendersi cura. Una situazione poco entusiasmante in un habitat sulla carta altrettanto poco stimolante, ma dalla quale riesce tuttavia ad attingere e trarre ispirazione per dare forma e sostanza a una dichiarazione d’amore rivolta proprio a chi conduce queste esistenze apparentemente insignificanti. Ciò fa di Sister un film personale, dal cuore pulsante, che offre allo spettatore di turno un ventaglio di emozioni cangianti: forti quando ci si imbatte in scene dure come quella del tentativo di stupro dell’ex capo della polizia ai danni di Rayna; più leggere e divertenti quando invece si passa a scene come quella delle bugie raccontate ai turisti per convincerli ad acquistare le statuette di terracotta. Il tutto reso possibile non solo dalle capacità di scrittura, ma soprattutto dal contributo alla causa dell’intero cast, nel quale spicca la bravissima Monika Naydenova.

Francesco Del Grosso

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