Home Festival Altri festival She Dies Tomorrow

She Dies Tomorrow

324
0
VOTO: 5

Forse si muore

Probabilmente il significato della frase “Memento mori” a molti dirà pochissimo o nulla. È una locuzione latina dell’antica Roma che, tradotta letteralmente, vuol dire “Ricordati che devi morire”. Ecco, questa è l’espressione che conosciamo tutti, e che molti hanno anche utilizzato, con toni di – macabro – scherno, per ricordare all’altro la finitezza della vita umana. Il tenebroso “Ricordati che devi morire” ha assunto nuovo valore nelle generazioni dalla fine degli anni Ottanta del Novecento per la famosa scena cult presente nella pellicola comica Non ci resta che piangere (1984). In quel film, in cui divideva regia e scena con Roberto Benigni, Massimo Troisi, nel ruolo dell’impacciato insegnante Mario, risponde a un frate della controriforma che gli vaticina la fine con un laconico «Si, mo me lo segno!». Tutta questa amena divagazione è solo per mettere in evidenza come anche in She Dies Tomorrow (2020) di Amy Seimetz, sia presente questa temibile locuzione, sebbene vada riadattata in “Devo ricordarmi che devo morire”.

Tutto il film di Amy Seimetz si basa su questa improvvisa illuminazione che hanno i personaggi, ovvero la presa di coscienza che domani potrebbero morire. Un pensiero che si propaga e si insinua nei personaggi come un temibile virus da cui poi non si riesce a sfuggire. Tutto comincia dalla giovane Amy, che comincia a pensare alla sua imminente morte e si contorce nella sua angoscia. Dopo averlo confidato alla sua amica Jane il suo male interiore, anche Jane inizia lentamente a pensare che domani potrebbe morire. E così via di seguito, l’insano dubbio si sparge verso le altre persone, come se fosse una catena di Sant’Antonio. Questo “batterio” si trasmette in forma orale, incuneando nell’altro, attraverso una inquietante quanto noiosa discussione, su come la morte possa giungere all’improvviso, e quindi una volta presa coscienza di questo si può anche cercare di vivere al meglio i probabili ultimi istanti, tipo facendo sesso. L’americana Amy Seimtz, classe 1981, è molto più nota come attrice, avendo al suo attivo oltre settanta lavori d’interprete, tra cui spiccano le partecipazioni ad Alien: Covenant (2017) di Ridley Scott, e nel remake Pet Sematary (2019) di Kevin Kölsch e Dennis Widmyer. La Seimetz a livello di regia non è una novizia, perché ha realizzato alcuni cortometraggi e ha diretto anche alcuni episodi del serial televisivo The Girlfriend Experience, in cui ha anche recitato. L’esordio nel lungometraggio è avvenuto con l’horror Sun Don’t Shine (2012), e con il cachet percepito in Pet Sematary la Seimtz ha potuto realizzare indipendentemente She Dies Tomorrow, di cui ha scritto anche la sceneggiatura. Questo horror psicologico, passato al Festival #Cineuropa34, poteva funzionare in una storia di breve durata, ma la dilatazione dello spunto iniziale a oltre ottanta minuti rende tutta la narrazione molto superficiale e ripetitiva. Ma il problema maggiore è l’impostazione troppo seria di questa discettazione, in cui gli attori recitano l’angoscia con occhi sgranati, i loro dialoghi sono perentori, e la messa in scena tende al tormentoso. She Dies Tomorrow sembra quasi la concretizzazione di uno di quei finti trailer parodici creati da Maccio Capatonda.

Roberto Baldassarre

Articolo precedenteL’ultimo uomo che dipinse il cinema
Articolo successivoBe Natural: the Untold Story of Alice Guy-Blaché

Lascia un commento

Please enter your comment!
Please enter your name here

quindici − tre =