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Seeds

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VOTO: 6

Monster inside me

Ci sono film che per volontà di chi li ha concepiti restano a cavallo tra il realismo del dramma terreno e la minacciosa dimensione onirica dell’incubo ad occhi semi-aperti. È il caso di Seeds, l’opera prima di Owen Long, presentata in anteprima italiana nel concorso della prima edizione di Oltre lo specchio, che si muove per tutto il suo tragitto narrativo e drammaturgico su due piani che finiscono giocoforza per convergere in maniera fatale nella timeline. Di conseguenza, la scrittura e la sua trasposizione lavorano su e in funzione di questo intersecarsi costante, anche se il meccanismo non sempre funziona a dovere. Si parte con la marcia ingranata per poi sedersi pericolosamente sul ciglio del burrone, in una posizione di attesa che mette a dura prova la fruizione e il fruitore, chiudendo con un crescendo che convince solo a metà. Il fatto di giocare a lungo con una tensione latente e non capire quando forse è venuto il momento di farla implodere sullo schermo, determina una fase di stallo che si sarebbe potuta tranquillamente evitare.
Seeds ci porta al seguito di Marcus Milton, un uomo che sopraffatto da tendenze depravate e distruttive decide di ritirarsi in solitudine nella propria casa di famiglia sulle coste del New England. L’arrivo della nipote Lily, con la quale Marcus intrattiene un rapporto ambiguo e decisamente poco convenzionale, scatenerà una terribile lotta interiore nell’uomo, costretto ad a affrontare i suoi demoni e un segreto sepolto nel passato.
La sinossi e la conseguente visione riassumono alla perfezione proprio la sovrapposizione dei piani e dei registri che il film di Long utilizza a pieno regime, innestando di volta in volta suggestioni mistery e momenti orrorifici che chiamano in causa l’elemento sovrannaturale. Non vi sveleremo ovviamente di cosa si tratta e di come tale elemento incida sull’economia dell’operazione, ma una cosa è certa: è il coagulante tra ciò che è vero e ciò che non lo è, che prende mano a mano forma sullo schermo con lo svelamento della verità e il suo venire a galla sino al punto di rottura.
Ma ad essere sinceri a tenere a galla il tutto è il carattere morboso, malato e ossessivo che alimenta a getto continuo il racconto, ossia la relazione incestuosa tra nipote e zio. Qui e intorno a questi si materializzano sullo schermo le fasi più efficaci ed empatiche di Seeds. Gran merito di questo va riconosciuto alle interpretazioni del duo formato da Trevor Long e Andrea Chen, capaci di dare vita a scene dove l’attrazione pericolosa tra consanguinei va di pari passo con il disagio del pubblico. Il tutto amplificato da atmosfere via via sempre più intime e ansiogene che riportano alla mente a Lamb di Ross Partridge.

Francesco Del Grosso

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