Ieri come oggi
Tra i titoli più attesi di questa 72° edizione del Festival di Berlino v’è sicuramente Rimini, l’ultima fatica del controverso cineasta Ulrich Seidl. Ancora una volta, dunque, il regista di Vienna ha dato vita a uno spietato ritratto del mondo in cui viviamo, senza paura di “calcare la mano” o di sconvolgere lo spettatore come solo lui sa fare. Ma andiamo per gradi.
Vengono qui messe in scena, infatti, le vicende di Richie Bravo (impersonato da Michael Thomas), un tempo cantante di successo, ma ormai stella dimenticata (fatta eccezione per alcune signore anziane che ancora frequentano i suoi concerti). Richie è originario di un piccolo paesino della Bassa Austria, ma vive da anni a Rimini. In occasione della morte di sua madre è costretto a tornare temporaneamente nel suo paese natale, dove vivono suo fratello minore e suo padre, il quale risiede in una casa di riposo. Un passato ingombrante, tuttavia, avrà conseguenze anche sul presente di Richie e le cose prenderanno una piega inaspettata nel momento in cui, una volta tornato a Rimini, l’uomo incontrerà sua figlia Tessa, la quale gli chiederà una cospicua somma di denaro in risarcimento a tutti gli alimenti che l’uomo non ha mai pagato a sua madre.
Richie Bravo è un uomo solo e in serie difficoltà economiche. Al fine di poter arrivare a fine mese è costretto, di quando in quando, ad affittare la sua villa a turisti e a prostituirsi con anziane signore. I suoi concerti sono ormai frequentati da un piccolo gruppo di anziani spettatori. Ulrich Seidl ha compassione per lui, nonostante egli non sia propriamente un uomo “senza macchia”. Ciò contro cui il regista si scaglia, al contrario, è sempre quella sorta di fascismo latente che ha fatto sì che la società in cui viviamo sia tutt’oggi una società cinica, avida ed egoista, pronta a tutto pur di arrivare al proprio tornaconto. Ne è un esempio lampante la figlia stessa del protagonista, degna discendente di suo nonno, il quale, nonostante sia affetto da anni da demenza senile, ancora, di quando in quando, intona canzoni risalenti alla Seconda Guerra Mondiale.
Tra i personaggi di Rimini, sostanzialmente, regnano l’ipocrisia e l’incomunicabilità. Persino quando le intenzioni sono buone e si vuole solamente lusingare un gruppo di fan adoranti o espiare alcune mancanze del passato. La nebbia fitta di una Rimini invernale, ben lontana da come siamo soliti immaginarla, sta perfettamente a rappresentare tutto ciò. E in questo carosello, in cui il passato gioca un ruolo da protagonista (ora attraverso gigantografie di un giovane Richie nei suoi anni gloriosi, ora attraverso vecchi oggetti in cantina) tutto viene messo in scena secondo l’inconfondibile estetica di Seidl, in cui inquadrature simmetriche, personaggi sovente statici e – soprattutto – un inconfondibile humour nero conferiscono all’intero lungometraggio una ben marcata personalità. Ulrich Seidl ancora una volta non delude. E questo suo Rimini sta a rappresentare un inizio folgorante della già promettente Berlinale 2022.
Marina Pavido