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Un anno, una notte

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VOTO: 6.5

Viaggio nei traumi dei sopravvissuti ad un attacco terroristico

E’ la notte del 13 novembre 2015: due fidanzati, Celine (Noémie Merlant) e Ramon (Nahuel Pérez Biscayart), si trascinano sconvolti per le strade di Parigi. Sono tra i superstiti al terribile attacco che terroristi dell’Isis hanno sferrato al teatro Bataclan, durante un concerto degli “Eagles of Death Metal”. Si lasciano alle spalle decine di cadaveri e una città in stato d’assedio. A distanza di mesi, entrambi cercano di superare lo spaventoso trauma che, però, continua a perseguitare sia loro che gli amici che li avevano accompagnati durante quella notte fatale. Essere dei sopravvissuti ad un fatto del genere reca con sé numerosi problemi che si riflettono sulla vita sociale e, inevitabilmente, in un rapporto di coppia che fatica a riprendere una parvenza di normalità. Mentre Celine sembra aver affrontato con maggiore energia la questione, Ramon trova invece maggiori difficoltà, piagato da costanti crisi di panico e da incubi. Neanche l’aiuto di una professionista sortisce qualche effetto. Con il passare del tempo, i ripetuti tentativi fatti per salvare la relazione, più che aggiustare le cose, finiscono per complicare ulteriormente una convivenza che ormai è diventata insostenibile. Si può superare un evento tanto orribile o si è costretti alla fuga?
Isaki Lacuesta, regista catalano, porta al cinema il sofferto racconto tratto dal libro “Paz, amor y death metal” di Ramón González, partecipando anche alla sceneggiatura di Fran Araújo e Isa Campo. Presentato al 72mo Festival di Berlino, Un anno, una notte tratta di un’angosciosa discesa nella psiche di individui che devono fare i conti con un’esperienza tra le peggiori possibili. Alla quotidianità fatta di risvegli improvvisi, di apatia, di sobbalzi al minimo rumore, si sovrappongono i flashback della notte al Bataclan, iniziata fra sorrisi e scherzi tra amici e terminata in una penosa attesa di un salvataggio, ammassati in un camerino con altri spettatori scioccati, nel continuo terrore di essere scovati e uccisi. Il crescendo di tensione durante la prima parte, l’empatia con i protagonisti, sfuma via via in una seconda metà che forse risulta prolissa, persa tra le lunghe conversazioni fra Celine, gelida, odiosa e rancorosa nei confronti del compagno, e Ramon che, a sua volta, le prova tutte per uscire dall’abisso in cui è piombato, ma senza successo. Ed è un peccato perché il film è davvero ben girato, ci porta nelle giornate di persone comuni che, oltre a non comunicare più fra loro, hanno problemi a farlo con il resto del mondo. Emblematico il confronto con gli altri amici scampati al massacro, tutti con le loro vite irrimediabilmente scosse, tutti con lo stesso fastidio di sentirsi incompresi, anche da chi è più vicino, ricevendo scontati messaggi consolatori, frasi fatte e manifestazioni di solidarietà che appaiono vuote a chi non riesce neanche a descrivere l’incubo vissuto. Ed è un peccato, dicevamo, perché anche fra gli attori principali è una indubbia gara di bravura. Debole e inconcludente lui, sferzante e ingiusta lei, sembra però, a un certo punto, di assistere semplicemente ad una pellicola sentimentale, che racconta di una coppia in profonda crisi e nel quale la causa scatenante del travaglio è solo per caso uno dei peggiori attentati terroristici della storia francese ed europea. Ben più di due ore che si trascinano fra dialoghi prevedibili e a tratti melensi, qualche lite adolescenziale e una sensazione che, dopo aver raggiunto l’apice narrativo, si perda un po’ la bussola. Un colpo di scena arriva, ma lo fa quando lo spettatore sta ormai cercando di capire qual è il punto dove Isaki Lacuesta vuole andare finalmente a parare e, tutto sommato, è un passaggio narrativo che lascia perplessi e confusi sulla reale struttura di tutta la vicenda. Una rivelazione poco chiara, probabilmente voluta proprio così, a indicare il disordine che alberga nell’animo dei personaggi. Un anno esatto dopo l’attentato, eccolo lì, al Bataclan, quel concerto di Sting che chiude il cerchio, lasciandosi alle spalle il passato. Chissà se chi ha affrontato le pallottole dell’Isis c’è davvero riuscito oppure no.

Massimo Brigandì

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