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Darkling

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VOTO: 7,5

Quando la realtà diventa un horror

Vincitore come Miglior Lungometraggio del Premio del Pubblicoalla 33ma edizione del Trieste Film Festival, il serbo Mrak ossia Darkling (Oscurità) di Dušan Milić è uno spaccato inedito sulle conseguenze della guerra dei Balcani, il punto di vista dei serbi rimasti in una enclave kosovara, protetti dai militari della missione NATO KFOR ma spinti ad andar via da oscuri aguzzini che si nascondono nella foresta.

Sin dall’inizio, Milić dà al suo lavoro le tinte inquietanti dell’horror; è notte, e l’undicenne Milica si nasconde sotto un tavolo nella fattoria dove vive con sua madre e suo nonno al confine di un bosco, mentre rumori minacciosi sembrano circondarli. Al levar del sole, la realtà conferma le paure: animali scomparsi o uccisi, oscure presenze che violano le povere proprietà delle famiglie rimaste, colpevoli solo di essere dell’etnia avversa.
Le unità militari KFOR li proteggono, ma solo di giorno; la notte, nell’oscurità, sono solo, barricati nelle loro case, preda delle paure più ancestrali.

Siamo in un imprecisato villaggio nella foresta del Kossovo, nell’autunno del 2004; il sanguinoso conflitto interetnico tra kosovari e serbi è terminato da tempo, ma la vita per i serbi rimasti nella terra kosovara dove sono sempre vissuti  è costellata di paure reali e residui dei traumi psicologici causati dalle atrocità passate. Nello sparuto gruppo di case ancora abitato, le famiglie fuggono via una dopo l’altra; quando il comando delle unità militari KFOR, già insufficienti a garantire loro la sicurezza, passa dagli italiani agli americani, la situazione precipita. Con i militari italiani si è infatti stabilito, nel tempo, un rapporto di solidarietà e fiducia che travalica il freddo regolamento; vediamo finanche Milica e sua madre comunicare con loro in un italiano stentato con l’aiuto di un vocabolario, ottenere quotidianamente aiuto per ricaricare i loro telefoni, offrire loro un caffè, mentre fa sorridere la familiarità dei due militari con i bambini che accompagnano nella improvvisata scuola nella chiesa locale. Bambini che diminuiscono giorno dopo giorno, al pari delle famiglie che, stremate, abbandonano la proprie case, fino al definitivo pogrom susseguente al ‘cambio di guardia’ Italo-americano.

Significativo e toccante il tema che la piccola Milica, su richiesta della maestra, scrive sulla sua vita in Kosovo: “ Ho 11 anni e vivo in Kosovo, ma non nella casa in cui sono nata. Quella era in un altro villaggio ed era fatto di mattoni. Avevamo l’acqua corrente e il bagno. Ha preso fuoco e mamma, papà ed io siamo venuti qui dal nonno. Da Pasqua l’elettricità salta ogni giorno. Non possiamo nemmeno ricaricare il telefono. Di notte quasi non dormiamo. Qui viviamo nella paura. Le autorità dicono di non preoccuparci. Ci hanno dato dei fischietti da usare in caso di emergenza. … Ma a cosa ci servono i fischietti? Non possono proteggerci dalla paura. nessuno può farlo. Dopo quello che è successo lo scorso marzo, sono rimasti solo sei bambini in questa scuola. Tutti gli altri se ne sono andati.”  Come spesso accade, nelle semplici parole di un bambino si racchiude l’essenza di quel che sta avvenendo e dei sentimenti che questo provoca; con poche parole, Milica ci mostra il suo mondo e quello della piccola comunità arroccata nel buio della foresta a difesa della propria vita.

Mrak ha molte frecce al suo arco; l’originalità di mostrare un aspetto della guerra dei Balcani misconosciuta ai più, la sensibilità di guardare l’orrore con gli occhi di una bambina, la simpatia suscitata dai militari italiani di stanza in questo piccolo microcosmo, una fotografia avvolgente, una colonna sonora perfetta, personaggi veri e ben interpretati. Quel che forse manca è il coraggio di prendere una direzione finale: la paura, la tensione, l’oscurità tipica dell’horror ben si attagliano all’atmosfera claustrofobica della storia, ma rimangono incompiute, soprattutto alla luce del pirotecnico ed inverosimile finale, che vuol forse lasciare un filo di speranza nel buio della notte.

Michela Aloisi

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