Ingrid Bergman commediante
«Non voglio l’aragosta: mi serve un uomo, qui e subito!»
Ingrid Bergman
Indiscreto (Indiscreet, 1958) di Stanley Donen rientra nella quarta fase artistica di Ingrid Bergman. Dopo gli acerbi esordi recitativi in Svezia, che a ogni buon conto la fecero notare in America; l’immediato successo nella Hollywood classica, coronato con la vittoria dell’Oscar con Per chi suona la campana (For Whom the Bell Tolls, 1943) di Sam Wood; e dopo la scandalosa – per gli occhi dell’America benpensante – carriera in Italia con Roberto Rossellini, la Bergman, terminata la storia d’amore con il regista romano, tornò a Hollywood, ricominciando da dove aveva interrotto. Un rientro non completamente facile, perché l’industria cinematografica non aveva ancora digerito quello sgarbo; però la Bergman seppe rapidamente riconquistare la fiducia di Hollywood, centrando immediatamente il suo secondo Oscar con Anastasia (1956) di Anatole Litvak, prima sfarzosa produzione hollywoodiana di questa seconda fase americana. Per la sua seconda prova attoriale, scelse Indiscreto, che marca, nella carriera dell’attrice svedese, il suo primo approccio con la commedia (sofisticata).
Indiscreto è la trasposizione cinematografica della pièce “Kind Sir” di Norman Krasna, che ebbe molto successo, una decina d’anni prima, sui palcoscenici di Broadway. L’origine teatrale non viene per nulla nascosta e, anzi, la pellicola, quasi interamente ambientata nell’appartamento della protagonista, inizia proprio con la classica apertura di sipario (lo scostamento della tenda, visto dall’esterno dell’appartamento). La Bergman, attenta lettrice dei copioni che gli venivano proposti, potrebbe aver scelto questa sceneggiatura, oltre che per mettersi alla prova con un genere nuovo per lei, per alcune concordanze con la sua recente vita personale. All’inizio del film, Anna Kalman rientra nella sua lussuosa casa londinese, in cui il mobilio è tutto coperto. È un ritorno sommesso e venato di malinconia il suo. Va in cucina e si prepara un frugale pasto in solitudine, e quando entrano i due domestici che gli domandano del perché questo suo improvviso ritorno (doveva restare molto più a lungo in vacanza a Maiorca), lei risponde glissando con classe.
Una scena, recitata magnificamente dalla Bergman, che fa direttamente pensare alla sua esperienza italiana, feconda artisticamente ma dolorante a livello affettivo, e al ritorno, con cautela e dalla “porta di servizio”, a Hollywood.
Questa scena iniziale, assieme ad altre tre sequenze, sono i veri preziosismi di questa commedia sofisticata upper class, che mettono in evidenza come Indiscreto sia soprattutto una pellicola di bravura attoriale (la Bergman e Cary Grant tornano a recitare in coppia dopo Notorius – L’amante perduta di Alfred Hitchcock) e di raffinati tocchi registici. Gli altri momenti indimenticabili sono: il primo bacio tra Anna e Philip, che si appartano, come due adolescenti, dietro una statua sulle rive del Tamigi per baciarsi mentre la macchina da presa si libra soavemente in alto come fosse una carezza; lo split screen in cui i due sono a letto (lei a Londra e lui a Parigi) e amoreggiano per telefono, mentre le loro mani paiono sfiorarsi; la sequenza finale, d’impianto teatrale, in cui Anna escogita un femminino tranello per smascherare Philip, e viene aiutata dall’impacciato autista Carl (David Kossoff, perfetto nel ruolo di pavido inserviente). In queste sequenze, riempite dalla maestria degli attori, è visibilmente palpabile la regia elegante di Stanley Donen che, sebbene non possa sfoggiare articolati movimenti di macchina come faceva nei musical con Gene Kelly (ma Cary Grant si esibisce in un numero di danza tanto spiritato quanto demenziale), non si perde in inutili ghirigori. Per il resto Indiscreto rimane un film – volutamente – artificioso, completamente scollato dalla realtà (anche di quella borghesia/aristocrazia che mette in scena), aggiungendo ben poco alla lista di film incentrati sulle schermaglie amorose tra uomo e donna.
Roberto Baldassarre