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(Re)Visioni Clandestine #39: La cena

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La cena… per farceli conoscere

In un certo qual modo La cena (1998) è un ideale terzo tassello filmico che va ad aggiungersi all’affresco intellettuale La terrazza (1980) e all’arazzo nostalgico La famiglia (1987). Tutte e tre sono opere corali, con cui il regista Ettore Scola descrive differenti tipologie di personaggi raccogliendoli in determinati contesti sociali. Se La terrazza fu una spietata disamina ironica sugli intellettuali smarritisi in se stessi – pellicola definita dalla critica come la pietra tombale sulla commedia all’italiana –, e La famiglia una minimalistica osservazione di un interno borghese attraverso quattro generazioni durante il Novecento, La cena cerca di superare questi due universi scoliani, rinchiudendo in un solo luogo molte tipologie di personaggi di differente estrazione sociale e culturale. Con queste tre pellicole Ettore Scola ha anche cercato di applicare le tre unità aristoteliche (di tempo, di luogo e d’azione), e rispetto alle altre due, La cena riesce a concretare questa impostazione “teatrale”.

Quart’ultima opera registica di Ettore Scola (1931-2016), La cena mostra rapidamente i pregi e i difetti dell’ultimo periodo scoliano; e, purtroppo, quello che risalta sono i difetti. Riconosciuto a livello internazionale come uno dei pilastri della commedia all’italiana, prima come sceneggiatore prima e poi come regista, Scola si era distinto come acuto osservatore della realtà italiana (fu uno degli sceneggiatori de Il sorpasso di Dino Risi) e abile modellatore di personaggi (ad esempio in Io la conoscevo bene di Antonio Pietrangeli, di cui fu uno degli sceneggiatori). Senza dimenticare il suo ruolo di pungente dialoghista dalla salace battuta, ravvisabile in molti film comici (e nei suoi disegni di quando giovanissimo collaborava alla rivista “Il Marc’Aurelio”). Divenuto regista, a queste doti si aggiunsero quelle di bravo direttore d’attori e ingegnoso costruttore di scene, con bei preziosismi tecnici (ad esempio C’eravamo tanto amati, Una giornata particolare o Ballando ballando). Nell’ultimo Scola questo tocco si è annacquato, con osservazioni sulla società meno caustiche e con fisionomie di personaggi superficiali. L’unico aspetto che è rimasto prezioso è la competenza nel gestire un grande cast e l’attitudine tecnica.

La cena rivela la sua già claudicante impostazione a partire dalla sceneggiatura. Sorvolando sullo spiccato familismo, lo script è stato composto da Ettore Scola assieme a Furio Scarpelli, Silvia Scola e Giacomo Scarpelli. In poche parole due vecchie volpi del – migliore – cinema italiano e due “giovani” sceneggiatori, generazioni diverse che si sono sedute allo stesso tavolo per comporre un’osservazione critica transgenerazionale della realtà quotidiana – anni Novanta – italiana. Se è vero che lo sguardo si posa su una variegata fascia d’età, quello che però manca è affrontare questi individui con spiccato spirito critico. Racchiusi in questa sala di un ristorante romano, i differenti esempi di fauna umana prescelti vengono osservati e spesso messi alla berlina, ma alla cattiveria si sostituisce il buonismo (il cosiddetto volemose bene) come anche rimarca il finale, che tutto sommato perdona i peccatucci e i difetti di questi personaggi. Scontata è la stoccata ai turisti giapponesi che mettono il ketchup sulla pasta, o posticcia la storia degli attriti tra padre e figlia, come la vicenda amorosa tra il maturo professore e la giovane studentessa; oppure molto superficiale anche la descrizione di una festa di compleanno di un’adolescente (la nipote della proprietaria del ristorante), con uno sguardo a questo giovane mondo come se fosse stato fatto attingendo da qualche rivista finto-giovanile. Il cuoco, interpretato da Eros Pagni, è il comunista incazzato, e forse è l’unico personaggio che ricorda figure della commedia all’italiana, ma anche in questo caso sono solo sarcastiche declamazioni dette ad alta voce. Discorso a parte la storia del giovane nerd appena diplomato, seduto a un grande tavolo solo con la mamma, perché gli altri invitati gli hanno dato buca. Storia inutile all’economia del racconto, ma divertente a livello cinefilo perché Scola ha scelto per la parte del neo-diplomato l’attore Paolo Merloni già apparso in La scuola (1995) di Daniele Luchetti in un ruolo uguale. Il gremito cast, con degli habitué del mondo scoliano (Gassman, Sandrelli, Ardant), rispecchia le differenti generazioni attoriali del cinema italiano (dal vecchio Vittorio Gassman all’incostante Rolando Ravello), ma non funziona completamente, e mentre gli attori maggiori ripropongono i loro usuali toni recitativi, le migliori prove d’attore sono quelle servite dai comprimari, come ad esempio Riccardo Garrone, Eleonora Danco, Giorgio Tirabassi o Venantino Venantini. Nel variegato cast, alla fine compare brevemente anche un invecchiato Ettore Garofolo, qui al suo ultimo film. Scoperto da Pasolini, apparve anche in Brutti, sporchi e cattivi (1976) di Scola. Eppure, in questa folta cena, quello che spicca è la leggiadria di Scola nel sapersi muovere con la macchina da presa tra i tavoli, captando più di una volta il giusto tempo per mostrare la storia personale che si svolge a un tavolo.

Roberto Baldassarre

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