De-generazioni
Quando si torna più che volentieri a discettare su un’opera prima, realizzata da una giovane cineasta australiana, appare chiaro come il film in questione abbia colpito nel segno. L’uscita in home video di Relic – lungometraggio, appunto, d’esordio, di Natalie Erika James – in un’ottima edizione dal punto di vista tecnico edita da Blue Swan Entertainment, ci fornisce lo spunto per una seconda analisi, dopo una prima visione avvenuta nell’ambito del Trieste Science + Fiction 2020. E il giudizio non muta affatto, anzi: Relic è un’opera che raggiunge il notevole traguardo del perturbante attraverso strade poco battute, rifuggendo accuratamente qualsiasi scorciatoia tipica dell’horror contemporaneo.
Raccontando la storia, profondamente intima, di tre generazioni femminili differenti (rispettivamente madre, figlia, nipote) Relic avrebbe potuto tranquillamente concentrarsi sull’aspetto esoterico, esaltando quella sorta di maledizione che sembra gravare sulla famiglia. Magari sottolineando una possessione diabolica che avrebbe dato motivazioni all’inserimento di qualche jumpscares studiato a tavolino allo scopo di compiacere quel pubblico adolescenziale il quale, se non fosse intervenuta la ben nota pandemia ancora in corso, avrebbe presumibilmente affollato le sale cinematografiche. Nulla di tutto ciò. Perché la James – anche sceneggiatrice con Christian White – sceglie di generare angoscia e paura da elementi assolutamente reali nonché di portata universale. Ed è questo il suo maggior punto di forza. In Relic si guarda la vecchiaia e la malattia in termini non di serena attesa nei confronti dell’inevitabile fine, ma di comprensibile terrore rispetto al degrado fisico e mentale della persona – in questo caso la ultraottantenne Edna – che ha imboccato la via del crepuscolo esistenziale dalla parte sbagliata. Non paga di questo la regista australiana descrive voragini di solitudine tra i tre personaggi principali, oltre l’anziana Edna (Robyn Nevin), la di lei figlia Kay (Emily Mortimer) e la nipote Sam (Bella Heathcote); le quali, al di là del vincolo parentale, conoscono assai poco l’una dell’altra. Così Relic diviene anche una traumatica presa d’atto di sensi di colpa nemmeno troppo latenti, simbolizzati dalle ricorrenti visioni di un antenato deceduto anni prima, in una capanna adiacente la grande casa di Edna, in uno stato di totale abbandono.
Solo nell’epilogo, ovviamente da non rivelare, le tre donne troveranno un drammatico punto d’incontro, nell’unica sequenza davvero scioccante, almeno a livello di immagine mostrata, di un’opera altrimenti costruita su una tensione palpabile ma dallo scorrere in maniera del tutto sotterranea.
In Relic le influenze cinefile si percepiscono eccome – su tutte il cinema di David Cronenberg, tra body horror degli inizi e magistrale esplorazione degli abissi mentali successiva – ma vengono rielaborate da mano sorprendentemente lucida, considerata la relativa esperienza della James, autrice solo di cortometraggi e video musicali prima di questo exploit. Un successo al quale fornisce un determinante contributo anche la prova di un cast perfettamente affiatato e capace di creare quell’alchimia indispensabile a spargere ulteriore sale sulle ferite di esistenze troppo a lungo vissute senza armonia e coesione famigliare. Anche per tutte queste – ed altre – ragioni, Relic è un’opera da recuperare ad ogni costo. Se sarà ricordata come il primo passo artistico di un autentico talento, ebbene sarà solo il tempo a fornire una risposta. Intanto godiamoci appieno un horror – catalogazione comunque assai riduttiva – in grado di fornire chiavi di lettura e riflessioni a iosa. Oltre a brividi tutt’altro che epidermici, in grado di resistere ben oltre il tempo canonico della visione. Non capita spesso.
Daniele De Angelis
Relic
Regia: Natalie Erika James Durata: 89′
Cast: Emily Mortimer, Robyn Nevin, Bella Heathcoat
Lingue: Italiano 5.1, Inglese 5.1 Sottotitoi: Italiano
Video: 2.35:1 Extra: assenti
Ditribuzione: Blue Swan Entertainment