L’unione fa la forza
Quanto sia, ormai da qualche tempo, davvero labile l’ipotetico confine “osmotico” tra cinema e televisione, lo dimostra perfettamente anche questa versione per il grande schermo incentrata sulle imprese dei cosiddetti Power Rangers, franchise nato in Giappone – con la serie denominata Super Sentai – ma subito acquistato nel 1993 dal produttore Haim Saban che ne ha fatto un autentico brand mondiale. Da allora una moltitudine inarrestabile di serie tv (di qualità spesso non eccelsa, a dire il vero), videogiochi, merchandising e ancora molto altro. Fino al film in questione di oggi. Il quale, per stare al passo con i tempi, non solo nasce dallo spirito dalle serie televisive primigenie, ma ne mutua addirittura la vena contemporanea. Quale è stato, infatti, lo show che ha mandato in fibrillazione il pubblico nella scorsa stagione, recuperando con esattezza quasi maniacale il mood tipicamente in voga negli anni ottanta? Risposta scontata: Stranger Things dei fratelli Matt e Ross Duffer. Allora anche questa versione in live action dei Power Rangers ne replica fedelmente le atmosfere tipicamente eighties, proponendosi come racconto di formazione adolescenziale caratterizzato dalla componente fantascientifica.
Già l’incipit mette in chiaro le cose, attraverso un omaggio modello genuflessione al teen movie per eccellenza Breakfast Club di John Hughes. I cinque ragazzi destinati alla mutazione in eroi, appaiono tutti come reietti dalla società degli adulti, che li obbliga a trascorrere i fatidici sabati a scuola per punizione alle loro, presunte, mancanze. E sarà proprio nell’ambiente scolastico che inizieranno quel processo di conoscenza reciproca che li condurrà ad una maggiore consapevolezza di loro stessi e degli altri. Cammino che, di lì a poco, li condurrà prima alla casuale scoperta di un’astronave aliena dove verranno istruiti dal prode Zordon (il carismatico Bryan Cranston in versione semi-virtuale) a divenire i guerrieri spaziali che già erano in potenza; quindi portati a fronteggiare la minaccia alla Terra condotta dalla cattivissima e digrignante Rita Repulsa (efficace Elizabeth Banks, unico altro nome noto del cast).
Se insomma il plot nudo e crudo pare composto d’aria fritta per la sua prevedibilità, assistendo a Power Rangers risaltano più chiaramente sia le intenzioni cinefile che, perché no, quelle pedagogiche dei suoi autori, con il sudafricano Dean Israelite (guarda caso classe 1984) a capeggiare il tutto da dietro la macchina da presa. Riportare cioè il cinema per ragazzi ad una dimensione basica in cui si possa facilmente specchiare e, di conseguenza, identificarsi, tornando al passato ideale della fantascienza spielberghiana ma anche all’irripetibile epoca dei cartoni nipponici tipo Mazinga o Jeeg Robot, dove giovani virgulti senza paura, mediante strutture meccaniche, davano vita ad epici combattimenti tra giganteschi robot in grado di accendere incontenibili fantasie infantili. Aspetto, quest’ultimo, che riesce anche a questo film dall’aria neppure troppo vagamente naif, in cui gli effetti speciali in computer graphic – spesso sin troppo artigianali – rendono ancora più “innocente” una visione per l’appunto pedagogicamente utile a comprendere come solamente la solidarietà reciproca renda gli esseri umani di qualsiasi età autentici eroi.
Una lezione facile anche per il critico, chiamato sempre a giudicare un’opera cinematografica dopo averla vista con attenzione e senza superflui preconcetti dovuti all’appartenenza o meno ad una specifica categoria. Con i debiti distinguo, infatti, questa versione cinematografica sulle imprese dei Power Rangers si è rivelata una sorpresa più che discreta. In attesa del sempre decisivo responso del botteghino, ovviamente.
Daniele De Angelis